La vittima trova sempre le simpatie di tutti. E quei sei anni richiesti per il decreto che vietava alla nave di attraccare a Palermo e far scendere i migranti sono apparsi a tutti eccessivi. Matteo Salvini, al tempo nei panni di ministro dell’interno, aveva un governo dalla sua parte. E, incredibile a dirsi, lo si ribadisce per i deboli di memoria, quel governo era presieduto da Giuseppe Conte e sostenuto dai Cinque Stelle.
Chiaramente nei panni di ministro degli interni si è preso una responsabilità diretta di cui solo lui ha dovuto rispondere ai magistrati con la difesa legale per cui quel decreto amministrativo fosse, in verità, un atto politico. Se era un atto politico, politicamente ne deve rispondere l’intero asse che lo sosteneva. Ma il pensiero della Procura è ben diverso.
Si fissa il decreto all’atto amministrativo nato da una forzatura del ministro dovuta alla sua pervicace persuasione di scoraggiare in questo modo l’immigrazione clandestina nel nostro paese e così difenderne i confini.
La tesi politica è di per sé sempre discutibile, ma non è possibile sia anche perseguibile. Lo è se per motivi politici si commette una violazione di legge per la quale la ragione di Stato, superiore alla ragion comune, non riesce ad essere condivisa. E non lo è perché se ragione di Stato è questa motivazione con lo sguardo retrospettivo di un fatto, oramai storicizzato, deve avere un riscontro oggettivo per sua importanza e gravità. Ma così non è. E non potrebbe esserlo. Perché quello che appariva di estrema importanza al momento dei fatti appare residuale e inquadrabile in una paura momentanea, oggi.
Ma si tratta pur sempre di interpretazione delle norme. E questa si può dare in modo ristretto o estensivo. Il caso clamoroso, che si rimbalza nella lentezza della procedura processuale italiana, propende per la interpretazione estensiva.
È Salvini stesso che ha pensato a una sua difesa grazie a un instant book in cui indica altri tredici casi simili in cui alle nevi ong non è stato concesso di attraccare e far scendere i migranti. Ebbene, in nessun caso si sono mosse le procure. La reazione di difesa verso colui che è passato al ruolo di inquisito era prevedibile. L’hastag #iostoconsalvini è diventato sui Social l’emblema del sostegno all’ex ministro dell’interno e gli ritorna come affermazione personale inaspettata, in una fase di perdita di terreno a favore del partner Meloni.
Fino a ieri scricchiolava Salvini. Si era salvato alle elezioni regionali imponendo la candidatura di Vannacci ma la discussione sulla sua leadership era ancora aperta. Ora il gran raduno di Pontida avrà questo contenuto centrato tutto sulla persona di Salvini e automaticamente si muovono campagne in sua difesa.
A centrodestra si solidarizza con lui definendo la questione come “processo politico”. Chiaramente, invece il centrosinistra è a difesa della correttezza di coloro che hanno richiesto la pena.
La contesa politica si rinnova nella Storia così come nei ruoli tesi a sostenere le parti, in cui la magistratura è sempre una parte. E tutto questo grazie a una vicenda di cinque anni fa (14 agosto2019) in Salvini fu protagonista. Chi altro gli avrebbe potuto regalare un revival così grande. Chiaro che ora gongoli con affermazioni del tipo: lotta dura senza paura! Cioè no! Quello fu un Salvini antichissimo …