New York Times afferma quanto era già nella testa di tutti. E cioè che dietro l’attentato in Libano per cui sono esplosi letteralmente i cercapersone ci siano gli israeliani. L’autorevole giornale riferisce alcune fonti americane secondo cui l’esplosivo o l’innesto che procura l’esplosione sarebbe stato installato accanto alla batteria del dispositivo e si sarebbe attivato con un semplice messaggino. Questi cerca persona li aveva acquistati Hezbollah dalla Gold Apollo, ditta di Taiwan. Secondo le ricostruzioni sono stati manomessi prima di raggiungere il destinatario.
Si tratta di un episodio nel quale la sensazione di eccezionalità dell’evento, buono per un film di James Bond, supere l’orrore per la guerra e i suoi tragici effetti alla portata di tutti.
Ed è questo il dato che riporta all’attenzione il valore di organizzazione militare oltre che la sagacia dell’esercito israeliano, tanto da ricollocare la nomea delle capacità spionistica e strategica del paese ai primissimi livelli del mondo.
In parte, pare proprio che questo fosse l’obiettivo di Israele. Ricostruire la sua credibilità come capacità di predire grandi eventi militari e saperli invece organizzare a danno dei suoi avversari. Un elemento che attenua ogni velleità di attaccare questo paese e lo riscatta dopo qualche passo indietro mostrato in questa guerra. Su tutti l’aver subito a sorpresa l’attacco militare il 7 ottobre.
La guerra si combatte anche in questo modo. La dissuasione da parte del nemico ad iniziarla stimando troppo grandi le capacità di risposta degli obiettivi militari preposti. La valutazione della capacità di impatto del nemico e la capacità di entrare segretamente nelle fila dell’eventuale aggressore fanno di Israele un paese unico in termini di abilità prestazionali nell’ambito militare.
Tutto questo non aggiunge e non toglie nulla alla dialettica che si pone circa l’opportunità di una guerra e l’esaltazione della risposta militare ad un’offesa tanto grave come l’attacco del 7 ottobre.
Serve a ristabilire però l’orgoglio di un paese e a farlo sentire in una posizione speciale nel mondo. In fondo, a ben guardare, non c’era alcun bisogno strategico di questo attacco coi cercapersone. Aggiungere morti e feriti, tra questi anche una bambina, al triste bilancio degli accadimenti non acquisisce nulla sotto il profilo strategico vero e proprio. Serve però a dire che “noi siamo i migliori” e “possiamo attaccare in ogni momento e in ogni luogo”.
L’orgoglio di un paese offeso e col rischio dell’isolamento si autodifende anche così.