Non c’è alcuna intenzione di fermarsi. E anche se il quadro nuovo che Israele si troverebbe con le elezioni americane non portano a miti consigli. Beirut bombardata, l’esercito israeliano continua a bombardare i depositi di armi e di carburante per interrompere quel flusso di forniture militari che arrivano dall’Iran verso il Libano. Parlando all’Onu Netanyahu ha esplicitamente detto che non si deve fermare l’assalto al partito di Dio. E così è anche nei fatti. Ieri un’ondata di attacchi al sud del Libano, oltre che Beirut e la Valle della Beqaa.
E quella che vuole passare per una guerra di religione, come sempre, evidenzia invece la necessità di dominio materiale sul territorio. Ma la religione comunque rispunta fuori anche nelle comunicazioni di Netanyahu col resto del mondo. Quando all’Onu parla di “palude antisemita” chiaramente ha rinunciato a ingraziarsi paesi che sa perfettamente essere contrari a lui e a Israele.
Netanyahu lancia strali contro il palazzo di vetro ritenendo le posizioni dell’Onu doppio-pesiste e tutte protese verso la cosiddetta resistenza palestinese. Completamente smantellata, quindi, la speranza di una tregua, pur armata, che quantomeno sospenda col clima di morte in tutta l’area mediorientale.
Le ragioni militari di Israele si capiscono benissimo. Deve colpire il più possibile in questo momento di favore e di irresolutezza da parte del resto del mondo. E poi debbono essere portati a segno alcuni punti fondamentali che vanno dall’eliminazione di alcuni nemici eccellenti all’acquisizione di territori da annettere.
Sempre il premier israeliano non le manda a dire all’Iran. Quando dice: “non ci sono luoghi dove non riusciamo ad arrivare” ha detto tutto sulle potenzialità militari e strategiche ma anche sulla sua libertà di azione.
Sopra a tutto però c’è la più grande delle questioni che consiste nella sicurezza dello Stato di Israele. “Sono venuto qui per dire basta –ha detto sempre all’Onu – non ci fermeremo fino a quando i nostri cittadini non potranno tornare in sicurezza alle loro case. Noi non accetteremo un esercito terrorista che incombe sul nostro confine settentrionale, in grado di compiere un altro massacro come il sette ottobre”.
Sembra dire shakespearianamente che se tutto fosse finito una volta fatto allora sarebbe bene che fosse fatto in fretta. E se fosse chiuso prima delle elezioni americane sarebbe meglio per lui. Diversamente ci si prolungherà per un conflitto infinito. Anche se non pare ci sia potenza a voler entrare in modo autorevole nella questione.