C’è un piano delle dichiarazioni coi denti digrignati, come gli animali selvaggi prima dello scontro. Ma c’è poi un piano dei fatti e delle azioni concrete che determinano altrettanto reazioni dal potenziale irreversibile.
Ma non è detto che queste seconde siano prevalente ai primi. È invece proprio sul piano dell’intimidazione verbale e sulla minaccia messa al vaglio dalle vere potenzialità di azione che si valuta l’eventuale azione da sostenere.
Gli esperti avevano di fatto escluso l’intervento diretto dell’Iran in questo conflitto, anche se tutti sanno essere l’Iran il vero mandante delle azioni militari a cominciare dal 7 ottobre del 2023. E invece l’attacco militare c’è stato. Pesante, organizzato con centottanta missili, resi inutili dalla difesa israeliana ma avente tutta la forza di chi non teme di firmare le proprie iniziative militari firmando l’autore di chi le ha condotte.
Ma la guerra delle dichiarazioni a vuoto non finisce qui. Dall’Iran si dice: in caso di reazione israeliana Tel Aviv andrà in cenere. Non si capisce come possano aspettarsi che Israele accetti tutto questo in silenzio senza fare nulla. D’altra parte Israele se lo aspettava questo attacco. Nonostante l’Iran appaia un paese fortemente in conflitto tra vecchio e nuovo e con una forte opposizione al coinvolgimento in questa guerra anche se l’Iran non era nuova a questi attacchi. Quello precedente risale al 13 aprile.
Un attacco che porta ancor più a simpatizzare per la causa israeliana da parte dei vertici della Casa Bianca. Ed è chiaramente questo clima a rafforzare Netanyahu quando, sempre nella guerra delle dichiarazioni, dice: “Chiunque ci attacchi, sarà attaccato da noi”.
Quasi si giustifica su X il presidente Masoud Pezeshkian: “È stata data una risposta decisa alle aggressioni del regime sionista”. E poi ancora: “l’Iran non è guerrafondaio”. Ma lo disegnano così, ci sarebbe da aggiungere alla Jessica Rabbit. Sullo sfondo in effetti ci sono sempre gli omicidi di Ismail Haniyeh, il capo di Hamas, e il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Ma quelle sono state azioni con una firma ben precisa, ma non rivendicate. Ben diverso da un attacco militare contro tutto e tutti quale c’è stato ieri sera.
Si direbbe: un bell’atto di propaganda tra i paesi arabi che potrebbe costare caro. Propaganda che continua anche sugli effetti dichiarati dai diversi paesi.
Ora che, di fatto, il conflitto si estende e l’Iran si aggiunge per essere uno dei paesi in guerra ci si attende la prossima puntata che sarà la reazione israeliana avvallata dagli Stati Uniti. E si teme sia finita la vicenda in cui le parole dette hanno una valenza nel clima di intimidazione tra paesi. Ora conteranno solo le azioni militari. Ed è proprio ciò che non volevamo vedere.