Ma quale bisogno c’è degli hacker o degli operatori infedeli che smanettano per saper quanto è possibile sapere direttamente attraverso la lettura dei siti di Camera e Senato?
In definitiva non troveranno mai una misura atta a tutelare completamente la segretezza completa degli introiti di ciascun notabile. E allora meglio metterla a disposizione. Renderla leggibile ai molti curiosi che vogliono misurarsi sul proprio oppure vivono di invidia. Del resto l’ostentazione dei propri guadagni ormai fa parte integrante nella dimostrazione del proprio potere. E dimostrare il proprio potere serve a convincere chi non ne è ancora soggiogato ad entrarci ed esserne parte, o servitore.
Il gioco nascosto è questo. Non può esistere grande possibilità di muovere leve nel mondo senza contemporaneamente avere altrettanto grandi possibilità di gestire, con proprie leve, la possibilità di cambiare e modificare. La misura di una persona di potere non si vedrà più dall’incarico o dalla presidenza a cui è stata insignita bensì semplicemente dai soldi di cui dispone e di cui può gestire.
Ed è in questa direzione che si annuncia la pubblicazione dei redditi dei parlamentari. Di per sé sono poca cosa ma servono a dare un assaggio. Sono aggiornati all’anno in corso. Ebbene, andiamo subito a guardare la presidente! La Meloni non arriva ma si avvicina a mezzo milione di euro. Ma la notizia non sta soltanto su quanto raggranella la Giorgia nazionale per guadagnarsi da vivere bensì quale sia il suo trend.
E allora la presidente del Consiglio ha visto il suo reddito aumentare da 293.531 a 459.460 euro. E invece sta malmesso il segretario della Lega ma anche vice di Meloni. Salvini pur avendo liquidato le azioni di A2A, Acea Spa e Enel ha dichiarato un reddito di 99.699 euro, come un anno fa.
Passando per par condicio all’opposizione, Elly Schlein va a pari col reddito dell’anno scorso. Novantottomila euro. Lo stesso per Fratoianni e poco più per Bonelli che va a 1010mila. Proprio egualitarismo socialista! Manca all’appello però Giuseppe Conte. Ma tra quelli che mancano all’appello della comunicazione c’è anche Antonio Tajani.
Ce n’è abbastanza adesso per chiedersi se i nostri onorevoli se li sono guadagnati questi danari. Ma un quesito come questo verrebbe etichettato sicuramente come qualunquistico. Ma sempre nell’alveo della trasparenza bisognerebbe anche dichiarare cosa hanno fatto di concreto, materiale, tangibile, anche a livello di produzione teorica e ideale di progetti per il futuro, lor signori per giustificare gli stessi introiti.
A cominciare dalle apparizioni televisive: capire se vanno in avere o in dare, cioè quali sono di diritto per il loro essere rappresentanti di una versione della nostra scena decisionale, e quali invece siano state pagate dagli stessi per operazione visibilità. E se queste ultime sono detraibili. Anche questa è un’operazione trasparenza che non guasta.