Le parole del sostituto procuratore Marco Patanello sono oramai note a chiunque abbia dimestichezza con l’attualità delle nostre cose casalinghe. E anche chi si è tenuto sempre fuori da questi scontri considerandosi distante dal continuo bisticcio del politicantismo non può che prendere atto delle parole, vere e anche quelle interpretate, scritte dal magistrato. Evidenziano un chiaro clima di ostilità o almeno di attenzione vigile tra i due organi dello Stato che invece nella letteratura costituzionale assunta da ragazzini dovevano cooperare per il bene della cosa pubblica.
Così non è. Ma facendo un lavoro di laicizzazione e storicizzazione di questo scontro, così non è mai stato. E quella della lotta tra comparti dello Stato non è originalità italiana. Altri paesi evidenziano questo segno indelebile di crisi della democrazia, traducibile come incrinatura di un’organizzazione sistemica delle gerarchie in una società complessa.
Il sistema della divisione equa dei tre poteri con presenze e filiazioni di uno all’interno dell’altro, come ha descritto la nostra Costituzione non funziona più. Diciamocelo. Ma il problema è che non abbiamo neanche baluginato, ideato, un sistema diverso. I dolori si concentrano qui.
Ma noi ci lagniamo con la solita storiella raccontata per cui il magistrato deve applicare le leggi scritte dal Parlamento non può essere fonte delle stesse. Ma già è così e non potrebbe non esserlo. È il funzionamento del nostro sistema di applicazione delle leggi che porta a fare giurisprudenza di una sentenza esemplare. Quindi la compromissione chiara, consapevole, tra sistemi c’è già nel nostro ordinamento. Non la si faccia troppo lunga in tal senso.
Il giudizio scritto per cui l’attuale presidente del Consiglio sarebbe più “pericolosa” di Berlusconi – dalla frase: “non si muove per interessi personali ma per visioni politiche, e questo la rende molto più forte” – implica una tematizzazione del nemico alle porte. Un nemico rappresentato da una certa classe politica che nel tempo si rinnova. Lo iato tra i due ambiti colmato dalla diffidenza reciproca trova in questa asserzione solo l’inevitabile conferma.
Questo crea un doppio dramma. Quello attuale, lo conosciamo. Quello della riscrittura della Storia si pone come più veniale ma non meno grave. Berlusconi non fu detronizzato dalla magistratura bensì dalla sua maggioranza che nella prima edizione si è sfilata con la Lega di Bossi e nella seconda edizione si è sfilata con la destra di Gianfranco Fini. Ci fu senza dubbio un duello con la magistratura ma fu determinato esclusivamente da come appariva ingombrante la sua figura e incompatibilità. Comunque la si voglia pensare la fine politica di Berlusconi fu determinata dalla sua stessa potenza di fuoco. Nel frattempo, certo, ci fu un contrasto forte a causa però di problemini creati dalla persona non dal suo progetto politico.
Il governo attuale consiste in un problema del tutto nuovo perché si afferma in una fase in cui la destra affiora in altre parti d’Europa e del mondo. Ha una visione riduzionista degli ambiti di garanzia e distribuzione delle competenze volendo accentrare nell’esecutivo rappresentato esclusivamente dal Presidente in Consiglio in carica le massime leve di potere.
Tutto questo comporta un ridimensionamento per tutti. E nessuno vuole veder ridurre i suoi ambiti dell’agire. Di qui nasce il conflitto.