Quando diventa mamma la femmina ha fretta, il suo pensiero corre più veloce del figlio che cresce. L’oggi è vissuto come fosse domani. L’ossigeno è solo insicurezza, dominio della paura vinta dalla necessità di una presenza continua, una dedizione ininterrotta senza spazio e senza tempo. La sua creazione è unica nell’immensità del Creato. Un legame inscindibile oltre il tempo di una vita, oltre il finito. Un sentimento che non trova confini. E’ la cosa prima direbbe Kant. Non è l’amore inteso secondo l’uso del termine levigato nel tempo dagli eccessi dei narratori o dai semplici mortali. E’ l’ordine che risponde alla regola della natura, la legge dell’Anima che ognuno scrive nel proprio destino.
L’oblio è la forza che consente ai mortali una dignitosa vita da vigliacchi, sovente ignari di mentire, avvertendo che leggersi dentro è funesto, un futuro tempesto. Prudente non sapere, dimenticare, disconoscere, declamare ciò che dovrebbe essere, ma non potrà essere in ragione di non voler conoscere.
Solo la madre è il simbolo della gloria e del coraggio; vince la paura della morte, supera l’equilibrio dell’egoismo, offre il domani all’intera umanità, cancella con un tratto ogni dottrina, assicura la continuità dell’esistenza la cui origine non si conosce ma si sa.
La madre parla con le mani, le gambe, con la fragile forza del corpo che non si piega, l’immensa potenza del cuore. Anche quando la vita si tinge di rosso, quel rosso cupo del sangue che ha tracciato su un immaginario tablet la lunga storia dell’uomo che può essere letta secondo l’evoluzione delle armi, la mamma sogna la felicità per il nato, una veemenza senza ostentazione, pensando ad un oscuro destino che possa rapire quella soave dolcezza nel nutrirlo dal seno. All’inizio per uccidere la selvaggina si sono messi insieme per essere più forti, ma poi si sono uccisi tra loro, spinti dalla sete di potere, l’ebrezza febbrile dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, che non trova ingresso nel dovere della nutrice.
La mamma offre il suo dono al mondo intero, abitato dal genere umano ed al mondo delle stelle regolato dalle leggi dell’astronomia. L’offerta viene respinta da impareggiabile incontinenza, quasi a volere confermare che l’uomo non è mai nato. Non sanno perché lo fanno; avvertono un senso di rabbia, un desiderio lugubre di morte, un impulso omicida indistinto, una sensazione di essere assaliti, ma non sanno da chi e per cosa.
I Più non hanno paura di usare, un coltello, una pistola o solo i pugni, ma avertono che non è conveniente e pensano di costruire degli esplosivi, usano bombe di carta. La carta costa diceva un intelligente giornalista quando sui giornali trovava degli articoli inutili. Sulla carta c’è di tutto: una poesia, un racconto di nessun interesse, un grande romanzo, le spiegazioni scientifiche, le carte geografiche, i teoremi della geometria. Sulla carta si scrivono i decreti, le condanne, le leggi redatte da chi non sa. La carta è anonima, inanimata, ma la carta è anche feconda si scrivono le grandi idee che cambiano il mondo. Le mamme non hanno una vita propria, la dolcezza del sacrificio per essere nel figlio sempre ed ovunque. Il legame tra la mamma e il figlio dimora nell’etere e la comunicazione avviene sulla via della luce senza un diaframma. La mamma piange ai piedi della croce dove hanno sacrificato il figlio, il messia che rende il corpo anima dell’universo. La vita è un soffio, fatta di niente, la drammatizzazione dell’insignificante. La vista di un bambino concede un attimo di gioia, un subito eterno per essere stati bambini.
La guerra rompe la catena biologica. E’ una esplosione nello spirito dei popoli, supera il perimetro dell’umano, irrompe nell’universo del sacro, è blasfemia pura. La guerra è un terremoto provocato dall’uomo, decapita la sacralità del nato, ferisce a morte la santificazione della Madre, la Grande Madre Natura, la Madonna. La guerra infiamma la Terra, contamina la vitalità delle genti, modifica i rilievi dei territori e la distribuzione delle acque. Entra prepotentemente nell’esistenza delle moltitudini portando il virus dell’odio, annullando l’impulso naturale al soccorso, al dono.
Di Carlo Priolo