Potremmo proclamare la nascita di un nuovo partito. Quello del lavoro. Da sempre eternamente all’opposizione, anche quando governava il centrosinistra e D’Alema partecipava alla manifestazione. Una costante del nostro scenario politico consiste nella manovra finanziaria che prima della definitiva votazione in Parlamento riceve le sostenute arringhe del partito dei lavoratori. Negli ultimi quattro anni si è ripetuto il rituale dello sciopero. Del resto, il governo stesso si appronta a ricevere la parte contendente solo dopo aver deciso. Sembra una mancanza di tatto. Ma d’altra parte se facesse diversamente, convocando preventivamente i sindacati, verrebbe accusato di essere consociativo. Non sia mai!
Essendo il lavoro una costante nel merito della crescita del paese e della costruzione del suo benessere sarebbe quindi giusto che una sua espressione puntuale fosse presente costantemente in Parlamento avendo chiara rappresentanza. Solo allora potrebbe capire i veri problemi esercitando il difficile compito di gestire la coperta sempre troppo corta con parti del corpo sociale eternamente al freddo.
La questione delle questioni che si troverebbe a dirimere dovrebbe essere quella della spesa pubblica ingente. Un gravame per qualsiasi cosa pubblica di un paese occidentale, ma per noi si è trasformato in un gravame che rende impossibile qualsiasi crescita auspicabile.
E sempre in termini di crescita ci troveremmo a dirimere una condizione imbarazzante in cui si è passati nella fase dopo Covid a fare gli spacconi d’Europa ritenendo il nostro incremento di rimbalzo dalla precedente chiusura da austerità più forte degli altri paesi dell’Unione. Fatti i conti oggi ci troviamo una crescita allo zero virgola. Pare che dopo lo zero ci sia il sette. Ma nulla toglie da pensare che fatti gli ultimi calcoli dovremo regolarci ancora a meno.
I sindacati toccano però su temi vivi. Primo tra questi quello della famosissima tassazione alle banche. IL “contributo di solidarietà alle banche è in realtà un prestito sulla spesa corrente. Quegli stessi soldi saranno restituiti allo stesso modo mentre i lavoratori della pubblica amministrazione devono chiedere un prestito alle banche per avere il loro Tfr, cioè loro salario differito”. Lo ha detto Pierpaolo Bombardieri, segretario Uil.
Sotto attacco anche il tanto citato taglio al cuneo fiscale. Stavolta parla Maurizio Landini della Cgil: “Siamo stati noi ad ottenerlo scioperando nel 2021 contro il governo Draghi ma faccio notare che lo stanno già pagando i lavoratori con gli interessi: costa 12 miliardi mentre quest’anno il gettito Irpef è aumentato di 15 miliardi, cioè la tassa che al novanta per cento è pagata da lavoratori dipendenti e pensionati”.
Nel frattempo diminuisce la produzione industriale e un colosso che un tempo rappresentava il vanto della produzione industriale del nostro paese, si allude a Fiat-Fca-Stellantis, si prepara a smobilitare definitivamente rischiando di archiviare la sfera della grande industria nazionale.
Secondo il Partito del Lavoro formato da Cgil e Uil non si dovrebbe tagliare la spesa sociale, fare pagare le tasse a chi può farlo recuperando fortemente sull’area evasiva: “andare a prendere i soldi dove sono”. Come hanno fatto in Francia e Spagna tassare gli extraprofitti, rendite e imposte di successione.
Le idee ci sono. Il partito è pronto. Anche perché, a torto o a ragione, queste idee in Parlamento non le rappresenta nessuno. E proprio perché la discussione politica italiana dovrebbe tornare a centrarsi tutta sul lavoro – quello che non c’è, quello che dovrebbe essere pagato equamente, quello che deve superare i livelli di sussistenza, quello che deve essere svolto in sicurezza … – a dispetto di argomenti astrattamente valoriali, che questa primalità nella elaborazione legislativa non avverrà mai.