Il termine portoghese saudade indica nostalgia, anelito, una mancanza. Oppure il desiderio per qualcosa di assente, unito ad un ricordo agrodolce di un particolare evento, persona, sentimento.
Così si apre L’Ombre des Papillons, cortometraggio di animazione diretto da Sofia El Khyari e presentato alla 75esima edizione del Festival di Locarno: una melodia araba intonata da una voce femminile recita le seguenti parole “Anche se la notte calerà̀ nel blu, il sole sorgerà̀ la mattina seguente”, catapultando immediatamente lo spettatore in un mondo che è altro rispetto alla realtà, quello di una giovane donna che – nel ricordo di un amore ormai passato – conduce in una flânerie nella contemplazione delle farfalle.
Tre anni fa, durante la sua permanenza a Locarno, Elisa Cherchi ha avuto modo di intervistare Sofia – precedentemente regista di cortometraggi come Ayam e Le corps poreux – e di esplorare maggiormente il suo lavoro:
E.C. Come hai iniziato la tua carriera nel mondo del filmmaking?
S.E.K. Inizialmente mi sono laureata in Cultural Management , non provenendo da una famiglia che lavorava nell’audiovisivo ho optato per qualcosa di più “tradizionale” e, mentre frequentavo Cultural Management, disegnavo molto e seguivo dei corsi di belle arti. Successivamente ho preso un anno sabbatico, e ho poi realizzato il mio primo cortometraggio che ho inviato al Royal college of Arts a Londra, dove mi sono laureata in animazione nel 2018. Lì ho realizzato altri due cortometraggi che sono stati mandati ai festival, dove ho conosciuto i miei futuri produttori. E nel 2018 ho avuto, per la prima volta, l’idea di “L’ombre des Papillons”, era ancora naturalmente in fase embrionale e, più tardi, si è evoluta diventando molto più ambiziosa rispetto al mio progetto iniziale.
E.C. Quanto tempo ha impiegato l’intero processo di creazione?
S.E.K. Il processo è stato piuttosto lungo. La prima idea l’ho avuta verso la fine del 2018 e avevo in mente solo un’immagine che è, infatti, quella finale, in cui la protagonista sta aspettando la farfalla e, questa visione, è stata l’ispirazione per costruire l’intero arco narrativo. Per quanto riguarda invece la realizzazione in senso più materiale, sono stati creati circa 8 disegni ( su carta o tavoletta grafica) per ogni secondo di animazione. Per la prima versione del film sono partita realizzando delle linee per dare una prima caratterizzazione fisica al personaggio e agli altri elementi naturali, definendoli con dei dettagli successivamente.
E.C. Tutti i tuoi lavori (“Ayam”, “Le corps poreux” fino all’ultimo “L’Ombre des Papillons”) hanno come protagoniste assolute personaggi femminili, c’è una sorta di fil rouge all’interno di questo lavoro?
S.E.K. Quando ho realizzato il mio primo cortometraggio le persone mi chiedevano spesso riguardo la ricorrenza di questi personaggi femminili. Prima di iniziare i miei progetti animati disegnavo corpi di donne, si trattava di un processo totalmente inconscio, probabilmente in queste mie creazioni ho sempre trovato il modo di mettere in scena me stessa, attribuendo a tutti questi personaggi una parte di me.
E.C. Forse nell’animazione c’è una possibilità differente- rispetto agli altri generi- di esplorare le peculiarità dei protagonisti
S.E.K Credo che l’animazione ti dia la possibilità di esplorare maggiormente i sentimenti e tutto ciò che non ha a che fare con la razionalità. C’è inoltre molta più “fluidità” riguardo l’identità dei personaggi: qui tu puoi essere un uomo, una donna o un animale, qualsiasi cosa tu voglia essere. Con l’animazione, inoltre, la messa in scena degli stati d’animo diviene qualcosa non solo visivo, ma anche sensoriale o, nel caso del mio corto, multisensoriale.
E.C. C’è qualcosa di multisensoriale che richiama non solo il cinema, ma anche tutte le altre arti.
S.E.K. Quando disegno applico lo stesso principio che vale per la pittura: esprimere me stessa tessendo delle trame texturali, ed esplorando appunto la multisensorialità anche grazie al suono. Forse è proprio questo che mi ha portata all’animazione: la possibilità di inserire differenti elementi all’interno di una narrazione.
E.C. Questo mi fa venire in mente la melodia cantata dalla protagonista che si ripete come una sorta di lallazione per l’intera durata del corto
S.E.K. La ninna nanna voleva trasmettere una sorta di nostalgia agrodolce. Mi viene in mente il termine saudade che, in portoghese, si pone come una sorta di punto di incontro tra la gioia che si prova quando la memoria ritorna e il dolore causato dalla sua assenza. Credo che la musica abbia un grande potere di trasmettere la nostalgia, forse più delle parole. Per questo, anche se solo inizialmente, avevo intenzione di non sottotitolare la canzone.
E.C. Il tuo corto ha come protagonista una donna che, nella nostalgia di un amore passato, si rifugia nella contemplazione delle farfalle. È come se gli alberi nel bosco rappresentino, in un certo senso, i corpi dei due amanti. In un luogo dove non sembra esserci distinzione fra l’uomo e gli altri elementi della terra.
S.E.K. È proprio questo il punto, l’idea principale del film è il “perdersi” in questo universo di fantasia e di sogni. E le farfalle fungono da simbolo per la memoria di un amore passato che sparisce e ritorna in forme e colori differenti; dall’arancione che rappresenta la sensualità al viola e all’azzurro. L’immaginario è simile a quello di Alice nel paese delle meraviglie e la foresta diventa il luogo che protegge le memorie e dove le radici degli alberi richiamano gli arti degli esseri umani.
E.C. Si dice che le farfalle siano il simbolo della rinascita. Nel tuo film ci troviamo di fronte ad un finale aperto in cui la protagonista osserva una delle farfalle – la più maestosa – spiccare il volo. Può essere letto, simbolicamente, come un futuro ricongiungimento dei due amanti?
S.E.K. Quello che trovo interessante di questo lavoro è proprio la possibilità di un finale aperto in cui ognuno può completare la storia in base al suo vissuto personale. Quello che rimane è, sicuramente, il significato della farfalla come il simbolo di una memoria che è difficile da catturare. Secondo una leggenda, se si toccano le ali di una farfalla, tu riceverai il loro potere nelle tue mani e loro non saranno però più in grado di volare. Forse, la fantasia, può essere l’unico luogo in cui custodire le memorie, per questo è così bello vivere all’interno dei sogni.
Nel mese di ottobre scorso il lavoro di Sofia El Khyari è stato protagonista della mostra Regards Croisés, creata in occasione della Festa del cinema d’animazione di Parigi. La regista, assieme all’artista e ricercatrice iraniana Bahar Majdzadeh, ha indagato tematiche come memoria, migrazione e nostalgia.
Anna Rita Santoro