Nel contesto europeo si dice da vent’anni. L’Unione Europea è stata fondata per questo. Solo che non si fa. E quell’impercettibile passaggio dal proposito perfettamente presente alla coscienza storica del momento con l’azione pratica manca dall’atto di fondazione dell’Unione. A colmare il divario tra il desiderio e il fare può essere solo chi fa: un leader.
Ed è il leader di tutti gli stati d’Europa che è sempre mancato a questa combattuta connessione di stati. Prima di essere totalmente cancellati dalla loro scena ad alcuni di nostri può essere propizia questa congiuntura. Il nostro Matteo Renzi ha preferito continuare a brigare dalle nostre parti e accettare contratti faraonici con gli emirati arabi. Ed è forse anche per questo che Emanuel Macron prima di essere selezionato dalla Francia cerca di giocare il suo ascendente nel continente.
E dà un colpo di frusta a questo cavallo sauro che finora ha lavorato solo sull’allineamento delle proprie contese interne senza guardare al mondo come soggetto autonomo. La grande politica – diciamocelo – l’ha delegata agli States e alla Nato. “Non vogliamo essere clienti” – dice Macron.
“Per me, questo è il momento di agire, di difendere i nostri interessi allo stesso tempo nazionali ed europei, di credere nella nostra sovranità e nella nostra autonomia strategica, e di affermare che non vogliamo essere semplicemente clienti, delegando ad altri la nostra economia, le nostre scelte tecnologiche o la nostra sicurezza, ma vogliamo affrontare pienamente la questione della pace sul nostro territorio, della nostra prosperità e di altri modelli democratici. Per me, queste sono le tre sfide della comunità politica europea che dobbiamo discutere insieme”.
In sostanza: “noi europei non dobbiamo delegare per sempre la nostra sicurezza agli americani”. IN pratica, attualmente: non possiamo far vincere questo conflitto alla Russia ed avere un vicino potente e ingombrante tale da potersi permettere di replicare l’invasione quando lo ritenga giusto.
E ancora: “finora non ci siamo assunti appieno il ruolo di potenza indipendente. Pensiamo che sia necessario delegare la nostra politica estera agli Stati Uniti, il nostro modello di crescita ai nostri clienti cinesi, la nostra innovazione tecnologica agli americani”.
Ed è qui che entra il famoso riferimento ai carnivori e agli erbivori: “Se decidiamo di restare erbivori, i carnivori vinceranno e saremo un mercato per loro. Penso che, perlomeno, sarebbe meglio scegliere di essere onnivori. Non voglio essere aggressivo, voglio solo che siamo in grado di difenderci su ciascuno di questi fronti. Ma non ho intenzione di lasciare che l’Europa diventi un teatro magnifico abitato da erbivori che i carnivori, secondo la loro agenda, verranno a divorare. Assumiamo questa responsabilità”.
Al di là di ogni raffigurazione animistica il fatto che lo spirito di autenticità debba essere invocato evidenzia il fatto che non c’è. L’enfasi data in alcune manifestazioni pubbliche – come ieri l’altro la celebrazione con il premier britannico Starmer sotto L’Arco di Trionfo per la ricorrenza della fine della Prima Guerra Mondiale – segnano il fatto che bisogna dar fondo a tutte le risorse per arrivare a una comunità d’intenti.
E un metodo potrebbe essere quello di abbandonare il trionfalismo dei tempi che furono. Così come rinunciare ad allegorie altisonanti affinché si parli di quanto detto. Bisogna iniziare a lavorare per obiettivi. Come si fa in qualsiasi impresa manifatturiera abbandonando le enfasi e i grani orizzonti altisonanti. Avremo dato, in questo modo, anche una lezione di democrazia.