Un fatto di normale retribuzione, non altro. I giovani si rivolgono ad altre offerte di lavoro con la finalità legittima di guadagnare di più non altro. Fra i diciotto e i trentaquattro anni rifiutano un lavoro per la retribuzione da sussistenza ed è per la stessa ragione che, se già occupati, continuano a cercare per trovare nuova occupazione. Retribuzioni troppo basse. Il problema è semplice. Di difficile soluzione ma tutto qui. Niente di esistenziale o da ricercare in qualche angolo della inadeguata formazione. Ed è anche per queste stesse ragioni che smart working e flessibilità danno l’idea di avere maggiore importanza.
Il sondaggio riporta anche che uno su due è disposto a trasferirsi in altra città. La percentuale aumenta laddove si abita a Sud o nelle isole. Un terzo dei giovani consultati si dice pronto di andarsene all’estero ed è la Germania la destinazione preferita.
Il dato generale riporta un “tasso di disoccupazione fra 15 e 29 anni passato dal 22,3% del 2019 al 16,7% del 2023, con ulteriore miglioramento al 15,4% nel primo semestre del 2024”.
Si tratta di una tendenza generalmente positiva confermata, pur con altri numeri, anche dall’Istat che a settembre 2024 ha indicato un incremento al 6,1%
L’impressione di una visuale molto laica della propria esistenza e del proprio avvenire si recepisce anche nella lettura di un altro importante dato. Un giovane ha il diritto a prospettarsi il suo lavoro ideale e per un valore interessante degli intervistati questo stato è già raggiunto. Il 14% dei giovani dice che già svolge il suo lavoro ideale. Un dato impensabile se si guarda a precedenti generazioni con una tensione verso l’utopia o verso le prospettive troppo ottimistiche offerte dalla rivoluzione tecnologica alle porte.
Tornando ad oggi il 34% immagina di poter arrivare al suo lavoro ideale nel corso dei successivi cinque anni. Ma in effetti quattro su dieci esprimono scetticismo sulla possibilità di raggiungere in un qualsivoglia tempo il proprio lavoro ideale.
In sostanza pare proprio che la proiezione immaginifica sessantottina per cui “siamo realisti vogliamo l’impossibile” sia antiquariata ai reperti storici. I giovani guardano con laica sicurezza delle cose certe o certificabili le loro vite effettive. Ed è questa la vera speranza del futuro, non davvero nella congiuntura dell’oggi.