Dopo settimane di intensi negoziati, il cessate il fuoco che sembra avere posto fine a un devastante conflitto tra Israele e Libano ha preso forma, rimanendo in bilico fino alle ultime ore.
La mediazione è stata guidata dal diplomatico Amos Hochstein, impegnato in una frenetica attività diplomatica tra Beirut e Gerusalemme, con il sostegno della Francia. Tuttavia, il processo ha rischiato di naufragare a causa dei mandati di arresto emessi contro i leader israeliano Netanyahu e Gallant. Israele aveva dichiarato in ottobre di avere raggiunto gli obiettivi principali della sua campagna militare contro Hezbollah, infliggendo pesanti colpi al gruppo sciita. Nonostante ciò, l’accordo per una tregua è stato finalmente raggiunto solo nella notte di martedì, grazie alla pressione congiunta degli Usa e il contributo di Parigi.
Il confronto armato tra Israele e Hezbollah è durato 14 mesi, iniziato quando il gruppo libanese ha realizzato in congiunzione con Hamas, quello che ormai conosciamo come il 7/X. La situazione si è aggravata durante l’estate, attirando l’Iran nel conflitto e minacciando una crisi regionale. A settembre, Israele ha intensificato la sua offensiva con attacchi mirati che hanno eliminato leader chiave di Hezbollah e devastato vaste aree del sud del Libano, causando lo sfollamento di oltre un milione di persone.
A ottobre, il premier israeliano Netanyahu ha lasciato intravedere una finestra per un accordo, spinto dalla pressione interna di un paese logorato da una guerra su due fronti. Nonostante il desiderio di alcuni settori israeliani di ottenere una vittoria più decisiva, la necessità di ridurre il conflitto è prevalsa.
Appare lecito e ragionevole evincere che la condanna per crimini di guerra e crimini contro l’umanità riconosciuta dalla Corte Penale Internazionale de l’Aia abbia – nonostante le polemiche suscitate – spinto i vertici israeliani verso la concretizzazione di un cessate il fuoco.
La Francia – rappresentata dal ministro degli Esteri Jean-Noel Barrot – ha giocato un ruolo cruciale nelle trattative, agendo come contrappeso agli Stati Uniti, considerati poco neutrali dal Libano. I negoziati si sono concentrati sull’attuazione rafforzata della Risoluzione Onu 1701, che aveva già nel 2006 posto fine alla allora guerra tra Israele e Hezbollah. Tuttavia, le parti rimanevano divise su punti critici, come il diritto di Israele a colpire in caso di violazioni.
Hochstein ha coordinato gli incontri con i negoziatori israeliani e ha mantenuto un dialogo continuo con il consigliere per la sicurezza nazionale statunitense ì, Jake Sullivan. Parallelamente, la Francia ha lavorato per costruire un approccio graduale al cessate il fuoco, mentre gli Stati Uniti esercitavano pressioni su Israele per accelerare l’intesa.
Un. momento decisivo è giunto a pochi giorni dalle elezioni presidenziali statunitensi, con la vittoria di Donald Trump che ha rafforzato l’impegno dell’amministrazione Biden per concludere l’accordo.
Anche un episodio in apparenza marginale, come una partita di calcio tra una squadra israeliana e una francese, ha offerto un’occasione di dialogo tra Macron e il governo israeliano.
Il cessate il fuoco – annunciato ufficialmente mercoledì – è stato accolto con cautela da ambedue le parti. Hezbollah, indebolito dalla campagna militare, ha accettato una tregua senza condizioni legate a Gaza, abbandonando una prima richiesta iniziale. Tuttavia, resta l’incertezza sulla stabilità dell’accordo, mentre Israele mantiene una posizione di vigilanza sui rifornimenti di armi al gruppo sciita attraverso la Siria.
Resta da vedere se questa fragile pace potrà reggere in un contesto di tensioni regionali ancora profondamente irrisolte.
F.B.