Da quel 7 ottobre 2023 gli attacchi aerei israeliani non hanno risparmiato la Siria. Prese di mira specificamente le infrastrutture e i centri urbani, soprattutto a Damasco. Il governo di Israele ha sempre spiegato che per loro si trattava di scovare Hezbollah e il percorso delle armi dirette all’Iran. Va detto anche che Hezbollah nella guerra siriana aveva sempre parteggiato per la fazione di Damasco. E pare proprio come un calcolo ad orologeria, anticipando il cessato il fuoco con Hezbollah l’esercito israeliano ha voluto dare una ripassatina distruggendo tre valichi di passaggio tra la Siria e il Libano.
Ed è in questo senso che si incentra la tesi del salto di specie, inteso nel senso di passaggio di territorialità, da una parte all’altra del conflitto medio orientale. Netanyahu non vuole essere preso per il naso nel vedere il suo nemico rafforzarsi utilizzando il tempo utile della pace per ricevere armi. E allora opera misure proditorie.
Attualmente la situazione offre il panorama riferito dalle organizzazioni non governative per cui gli jihadisti controllerebbero gran parte di Aleppo e l’altra nota delle principali agenzie per cui ci sono decine di migliaia di civili in fuga. I curdi pare che abbiano preso l’aeroporto. “Le forze curdo-siriane, espressione dell’ala locale del Pkk, hanno preso il controllo dell’aeroporto di Aleppo dopo il ritiro delle forze iraniane e governative di Damasco dallo scalo aereo internazionale” – secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani.
La mossa dell’esercito siriano al momento si annuncia essere, sempre ad Aleppo, il ritiro temporaneo delle truppe. In questo modo si intende preparare la controffensiva contro i jihadisti filo curdi che hanno occupato la città.
Pare proprio che i ribelli vogliano approfittare della momentanea crisi di Hezbollah per sferrare l’attacco. Ed inoltre con la Russia impegnata in Ucraina c’è un ulteriore segno di crisi per il governo di Damasco che si era fatto forte del sostegno di Putin. Quindi tutto questo nel tentativo si trarre profitto dalla presunta dal fatto che Damasco risulta sguarnita dei suoi alleati. Sia russi, iraniani che Hezbollah impegnati con Israele non possono dare una mano.
In sostanza una guerra chiama l’altra e non è detto che la conclusione o la tregua di una sia facilitatrice per la pacificazione di un altro conflitto potenziale. E in questa costatazione di fatto non c’è morale perché non c’è mai una morale.