C’è una regola non scritta nella dialettica politica come nell’esercizio della strategia militare – che sono due varianti dello stesso problema epistemico: affermare la propria eticità in luogo di avversa visione del mondo.
La regola consiste nel fatto che non si possono e non si debbono avere due fronti contemporanei. Si rimane inevitabilmente schiacciati. Putin si è andato a mettere in questa situazione. Ha scelto di mostrare i muscoli al mondo scegliendo di invadere l’Ucraina. L’operazione gli sta costando troppo in termini di tempo e di rimbalzo di visibilità. Ma transeat.
Il problema da qualche giorno è che dovuto addivenire a più miti consigli in Siria dando riparo ad Assad, tanto per dimostrare al mondo che lui non lascia in brache di tela i suoi amici. Nel breve braccio di ferro con la Turchia ha dovuto cedere per lasciare alla Siria il nuovo corso volgendo così una concatenazione deterministica verso l’Iran, vecchio protettore e alleato in Siria, oggi rimasto screditato nel Medio Oriente.
Poteva scegliere di ingaggiare un’altra guerra ma giustamente Putin non l’ha fatto, proprio in virtù della legge non scritta menzionata prima. Ma ora che ha fatto questa brutta figura in Siria deve riscattarsi nella guerra ancora in corso in Ucraina. Perdere l’Ucraina, a questo punto, significherebbe perdere tutto per lui mostratosi finora come l’ultimo uomo forte nel mondo. L’uomo solo al comando mostrerebbe una vulnerabilità comunicazionalmente assai più pervasiva di quella antica idea di dominator e possessor mundi.
In Ucraina ha bisogno di vincere. E deve vincere lui. Non può aspettare Trump dando a lui il merito di decidere di mandare all’ortiche la fitta trama di alleanza con aiuti materiali in termini di strategia bellica. Deve mostrarsi vincitore.
E in questa decisione dei due presidenti c’è di mezzo il destino del Donbass. Sarebbe trofeo di guerra riportarlo a casa per Putin. Se ne libererebbe volentieri Trump e con lui il cascame di tutte queste storie senza oggetto del contendere in America. Ma le questioni non si disbrigano così facilmente. C’è l’irriducibilità del popolo ucraino. C’è un ruolo dell’Europa nella Nato che non può fare la figura del cavalier serventi degli americani accettando le loro decisioni senza dire nulla. Quindi quel fronte è più difficile risolverlo di quanto sembri per moltitudine degli interlocutori.
Ma continua a farsi sentire quel dente che fa male. Si chiama Siria perso con egemonia Turca. Lì non si può far niente ma una soluzione tampone per recuperare un rapporto si dovrà comunque intraprendere. IL tutto mentre l’Ucraina perde infrastrutture e vite ma non molla. E anche agli amici cinesi il nostro povero Putin non appare più quell’inesauribile giocatore di scacchi invincibile.
Difficile giocare quando anche i tuoi pezzi si rivoltano.