Piaccia o no a molti lettori ma sulla figura del Duce gli italiani non sono ancora riusciti a fare i conti. Sia in termini di nostalgia entusiastica che di sprezzante biasimo la figura di Benito Mussolini echeggia a riprese nel dibattito italiano.
Cosa possiamo dire ancora qualcosa oltre al biasimo per aver condotto l’Italia dentro una guerra mondiale, aver promulgato le leggi razziali e aver imbavagliato per venti anni le libertà individuali e la libera espressione?
In altri paesi devastati da dittature mefitiche il lavoro di superamento è stato fatto. Affiorano di tanto in tanto dei propugnatori di un ritorno a quei regimi ma restano una questione di minoranza e soprattutto di deriva.
In Italia no. Forse perché il fascismo l’ha inventato ed esportato nel mondo. Forse, e si sottolinea forse, perché la figura del suo massimo conduttore possedeva un carisma rimasto nel tempo. Probabilmente non si è operato un lavoro di ricerca su noi stessi e sulle condizioni che ne hanno generato il mantenimento del governo per ventidue anni. Si è passati immediatamente a ricusare, rifiutare, proclamare l’antifascismo nel timore dell’esercito americano. Oppure semplicemente in più di venti anni è stato sedimentato potere, cultura e immaginario generale. Non poteva essere cancellata una classe dirigente. Neanche dopo una guerra.
Ancora oggi Giordano Bruno Guerri, intellettuale di riferimento a destra, prova a sollevare il peso del fascismo presso gli italiani: “in definitiva gli italiani erano seguaci di Mussolini, non del fascismo che chiedeva loro cose troppo astruse per farsene veramente sostenitori”.
Sta di fatto che a ottanta anni dalla fine di quella storia una serie televisiva dedicata a Mussolini riporta la sua figura nel dibattito. Si tratta della trasposizione della trilogia di Antonio Scurati dedicata al dittatore italiano.
L’attore che se n’è fatto interprete sembra quasi scusarsi. Luca Marinelli giura di essere antifascista e provenire da famiglia antifascista ma che ha dovuto sospendere il giudizio per dedicarsi serenamente a interpretare questa figura devastante.
IL fine come sempre è quello di essere momento di divulgazione e conoscenza della Storia. Ma all’obiezione per cui la narrazione è stata fatta fin troppe volte – sostanzialmente sempre la stessa – e che non si è mai avuto il coraggio di entrare appieno in questa fenomenologia per comprenderne il significato in alternativa al giudizio complessivo dato dalla Storia, non si risponde. Ma perché in verità questa obiezione non viene fatta. Rischiamo di scoprirci tutti eredi di quella Storia. Non superstiti o scampati. Eredi! E scopriamo che un po’ er puzzone sta dentro di noi.