La Camera dei Deputati ha approvato ed ora va al Senato la manovra contabile con la quale il governo Meloni per il prossimo anno conta di regolare le spese previste dando così indicazione su quali argomenti privilegiati allocare le spese. Sappiamo tutti dell’esistenza di un macigno consistente nel debito contratto dal nostro paese nei confronti del mondo che ci ha prestato soldi, da noi restituiti ad interessi, diretti alle finalità più varie. Non tutte nobilissime.
Come sempre il problema è restare dentro alcuni parametri fissati dall’Unione, come sempre il dibattito si concentra su queste previsioni di spesa, sempre fortemente limitate, che mostrano una modesta capacità di intervento sui problemi reali. Ma tutto questo è da decenni così. Ogni inverno del nostro scontento però siamo attraversati da polemiche con le opposizioni sull’argomento, tanto che potremmo definirlo un tormentone invernale, tipo quelle canzoni scarsamente divertenti mandate invece per tutta l’estate nelle radio e che ci ricordano, come se ce ne fosse bisogno, il periodo dell’anno in cui siamo.
IN questo fine anno, così come in tutti, si parla di Bilancio da approvare. Si accusa chi governa dei piccoli favori ad alcune porzioni di società, si accusa sempre di esser stati poco coraggiosi su alcuni elementi salienti. E su queste prevedibili note si concentrerà la discussione in Senato.
Dirimere tante querule è stato possibile alla Camera dei deputati con il voto di fiducia. Si dice, in sostanza: prendere o lasciare. E allora i dubbi vengono meno perché se espressi con il voto negativo di maggioranza si arriverebbe alla crisi di governo.
Quindi ci va dentro tutto: bonus, mance, rimborso spese ai ministri … AL Senato si deve approvare il tutto per fine anno. Quindi sicuramente si andrà a un nuovo voto di fiducia. Quindi, come sempre, sarà la Camera dei Deputati ad avere almeno rabberciato una discussione sul tema. Questo anno però ha la particolarità di dover star dentro il famoso Patto di Stabilità, mentre negli anni precedenti erano state stabilite delle deroghe.
Si conferma il taglio del cuneo fiscale, le aliquote Irpef. Ma sul cuneo cambia il calcolo che non si farà solo sul reddito complessivo ma anche su eventuali altri beni (case) che rendono un profitto. Sull’Irpef invece permangono le tre categorie caratterizzate dal 23 per cento fino a 28 mila euro, dal 35 per cento tra 28 mila e 50 mila euro e dal 43 per cento oltre i 50 mila euro.
Deludenti le detrazioni che delimitano le modalità con le quali si possono ottenere. Sulle pensioni, invece, sessantaquattro è la nuova età d’oro. Bisogna aver versato tutto il dovuto al sistema contributivo ed aver diritto a una pensione decente sulla base dei contributi versati:
Ancora Bonus ma solo sulle finestre e sulle schermature. Arrivano al trentasei per cento della spesa, però, non al cinquanta come era prima. AL cinquanta restano però le detrazioni per la ristrutturazione e viene tolto per le caldaie a gas. Ma in difesa del marchio Europa se ne prevedono nuovi di bonus per elettrodomestici made in Europe.
Ma ad essere gravoso c’è il lungo capitolo sulle tasse mancate, rimandate e che ci si aspettava sui guadagni eccezionali. Sono i bitcoin e la web tax su tutte le attività digitali, a meno che non se ne ricavi più di settecento milioni l’anno.
E sul recriminare per l’occasione mancata di riforma si continuerà ma solo fino a fine anno. Poi ricomincia inevitabile il continuo rimandarsi sui i singoli problemi di attualità. E tutto il complesso delle cose da ordinare nella contabilità di Stato sarà rimandato a fine anno col nuovo tormentone.