Davide Nazzari, nato ad Ascoli Piceno il 5 marzo 1990, è un giovane manager dello sport.
Laureato in Scienze giuridiche economiche e manageriali dello sport, nell’ottobre 2015 ha conseguito la Laurea Magistrale in Management dello Sport. Grande appassionato di calcio, sport che ha praticato fin dalla più tenera età, è stato, in seguito, anche arbitro di calcio. Vanta numerose collaborazioni con testate giornalistiche e radio che si occupano di calcio e sport in genere. Nella stagione sportiva 2014/2015 ha collaborato con l’area comunicazione e marketing della Lupa Roma Fc, club militante in Lega Pro. I suoi studi e la sua passione per il mondo “pallonaro” e gli aspetti legati alla comunicazione e al marketing dello sport lo hanno portato a scrive Marketing, comunicazione e sport, il suo primo libro ora disponibile online su Amazon, Libreria dello Sport, Feltrinelli, Ibs, Mondadori Store e Shop Libri.
Ci sono tutti gli ingredienti per un ottimo manuale dedicato ai manager sportivi, ma anche a semplici appassionati che vogliono approfondire le tematiche legate al marketing e alla comunicazione dello sport. Il volume nasce con l’obiettivo di far comprendere l’importanza del marketing nello sport, in quanto utile a generare profitti nelle società sportive. L’autore realizza un libro per chiunque voglia imparare a destreggiarsi tra marketing e comunicazione, e fa ciò lasciando intravedere uno spirito dinamico, dove schematizza, suddivide, spiega i termini tecnici, rendendo la materia accessibile anche ai meno esperti. Dopo una prima introduzione dedicata alla descrizione della nascita dello sport moderno e all’organizzazione dello sport in Italia, il libro si sofferma sulla complessità del mercato sportivo con un’analisi degli strumenti più innovativi per perseguire una proficua strategia di marketing. Successivamente l’attenzione si focalizza su due aspetti importanti di una strategia di marketing, vale a dire la comunicazione e la sponsorizzazione. Nella parte finale, un case history, dedicato all’applicazione della strategia di marketing nella gestione di uno stadio di proprietà come quello dell’Allianz Arena di Monaco, in Germania, mettendolo a confronto con la situazione attuale degli stadi italiani. Lo stadio di proprietà, infatti, rappresenta un fondamentale strumento per poter interagire con i clienti business, con i tifosi e con i frequentatori saltuari.
Davide Nazzari ha rilasciato una breve intervista in esclusiva per PaeseRoma
Quanto è importante uno stadio di proprietà per una squadra di calcio?
Penso che al giorno d’oggi i club di prima fascia dovevano essere già in possesso da almeno un decennio di uno stadio di proprietà e invece solo la Juventus si è mossa in questa direzione. Da poco, Sassuolo e Udinese, si sono mosse in una direzione simile, riqualificando i vecchi impianti comunali. I vantaggi sono innumerevoli, in primis consentirebbero ad una società di far vivere questi luoghi sette giorni su sette e non soltanto in quelle pochissime ore in cui c’è la partita, con tutta una serie di attività correlate. Nel calcio inglese, tedesco e spagnolo la gestione diretta degli impianti in cui si gioca rappresenta un salto importante nei ricavi. In Italia le entrate dello stadio vanno dal 12% al 17% del complesso dei ricavi. Nei paesi in cui gli stadi sono di proprietà delle società, questi rappresentano circa un terzo dei ricavi.
In Italia, dopo la polemica di Lotito, anche Carpi e Frosinone giocano in Serie A. Si può fare un bel calcio ad alti livelli, anche con un budget ridotto?
Assolutamente si, è possibile. E’ normale che ci siano differenze di budget tra queste società e i top club ma se tutto il sistema calcio capisse che puntando anche su altre aree di business come ad esempio la gestione di un impianto vivibile 7 giorni su 7, gli introiti dei botteghini, il settore giovanile, il merchandising, tanto per citarne alcuni, tutte le società del massimo campionato italiano riuscirebbero a crearsi nuove economie che gli consentirebbero di andare avanti in modo più che dignitoso senza dover dipendere, quasi ed esclusivamente, dai soldi derivanti dai diritti TV. Il presidente Lotito ha fatto quelle affermazioni su Carpi e Frosinone perchè sa che il calcio italiano è schiavo degli introiti che arrivano dalle TV (rappresentano quasi il 60% dei ricavi dei club) e quindi si preoccupava in quanto due piccole realtà di provincia avrebbero avuto sicuramente meno appeal di società più grandi e dunque le TV avrebbero offerto meno denaro. La gravità sta nel fatto che si pensa a tirare avanti anno per anno, senza dare mai una svolta e provare a pensare in termini di medio-lungo periodo cercando di sviluppare nuove idee per permettere alle società di poter lavorare serenamente anche se domani le televisioni decidessero di chiudere.
In Italia, solo la Juventus è riuscita a fare un capolavoro con lo Juventus Stadium, è possibile vedere un impianto di proprietà così prestigioso anche a Roma, nonostante gli innumerevoli problemi nel corso degli anni ?
Lo spero vivamente, credo che la Roma abbia tutte le potenzialità per arrivare in alto e uno stadio di proprietà gli garantirebbe quegli 8, 10 punti in più a campionato che potrebbero risultare decisivi. Oggi, a mio avviso, ha bisogno di una presenza che gestisca le vicende societarie. Il presidente stesso o in alternativa un valido dirigente che conosca bene il calcio e soprattutto l’ambiente giallorosso.
Perché secondo te l’Italia non riesce ancora ad essere allo stesso passo delle altre nazioni più sviluppate come la Germania e l’Inghilterra, sul piano del marketing e delle strutture?
Il problema sta nella classe dirigente, non c’è la volontà di far emergere i giovani e le loro idee. Servirebbe un giusto mix tra giovani e più esperti, spero vivamente che qualcosa cambi anche perchè il calcio italiano il fondo lo ha proprio raschiato.
Articolo e intervista di Alberto Fuschi