ROMA – Era preannunciato. Lo avevamo già toccato con mano, fiutato con naso e ascoltato con orecchie che l’alternative rock si stava facendo strada di nuovo, soprattutto dopo l’uscita dell’ultimo disco dei Fast Animals and Slow Kids, a cui i Voina sembrano somigliare davvero tanto.
Sicuramente un bisogno di tornare all’animalità sul palco, alle chitarre distorte, ad un sound che vuole urlare al pubblico e al mondo che qualcosa di storto c’è e che non bisogna rimanere a guardare. Torna alla ribalta un nuovo senso di responsabilità, a carico dell’artista che non è quello di 15 anni che si fa il video su Tik-Tok parlando sotto auto-tune di tematiche non solo estremamente leggere, ma anche assai pericolose, perché diciamocelo, la leggerezza ci sta nel mondo dell’intrattenimento. La canzone come un film, per citare Hitchcock, può essere una fetta di torta, ma non sono sicuramente questi i tempi per sedersi sul divano e guardare il mondo che diventa un cumulo di macerie mentre assaporiamo la nostra Cheesecake.
In tal caso il nome Voina dice tutto: ispirato ad un gruppo di dissidenti politici oppositori di Vladimir Putin, il gruppo si è esibito lo scorso 18 gennaio a Largo Venue, con la loro visione d’insieme a tratti pessimistica, ma sicuramente attiva grazie al fatto che continuano a suonare da dieci anni a questa parte. “Dieci anni di questo schifo”, a parte essere il nome del tour 2025, è “l’assurdo risultato di dieci anni di disonorata carriera”, così dichiara la band abruzzese sotto la locandina nel loro profilo Instagram, che annunciava quattro date per festeggiare l’anniversario. Partiti il 3 gennaio dall’American Coast di Lanciano (CH) che è la loro città natale, per spostarsi al Locomotiv di Bologna, per approdare poi nella Capitale lo scorso sabato 18 gennaio a Largo Venue e concludendo il 24 gennaio all’Arci Bellezza di Milano.
Il live si è aperto con la presenza sul palco di un ex-componente dei Voina, il bassista Daniele Paolucci che ha calcato il palco dapprima esibendosi con il suo progetto cantautorale solista (Montegro) e, successivamente, imbracciando il basso insieme alla band, come ai vecchi tempi, per porre ancor di più l’accento su questa malinconia canaglia che, a noi gente del pubblico, è arrivata tutta. Daniele Paolucci entrò nella band che aveva solo 19 anni, un viaggio bellissimo per l’ormai cantautore di Lanciano che si è vissuto l’esperienza del gruppo durante un intero tour e oltre. «L’abbiamo raccolto e cresciuto» dice il cantante Ivo Bucci al microfono mentre lo annuncia e, conoscendo il progetto Montegro che ormai si sta facendo strada nel panorama indie italiano, potremmo dire che i Voina l’hanno cresciuto veramente bene.
Il resto del live è stata una vera e propria catarsi rispetto a quelle che sono le proposte musicali attuali che a noi rocker ci fanno sanguinare le orecchie. Quel sound e quella rabbia che solo un’etichetta come INRI ci ha proposto negli anni, tanto da farci venire voglia di riascoltare i Linea 77. A febbraio dello scorso anno invece i Voina sono usciti con il loro quarto disco “Kintsugi”, con V4V Records a distanza di quattro anni dall’ultimo album. “Kintusgi” è un termine giapponese che significa letteralmente “riparare con l’oro” e indica un’arte o una pratica per riparare oggetti, valorizzando l’imperfezione, i difetti, i frammenti rotti. La band aveva in effetti dichiarato di aver passato momenti difficili e si sa che dai momenti difficili si riemerge sempre come fenici dalla cenere, l’importante è che lo si faccia con spirito di evoluzione, cosa che sicuramente i Voina hanno espresso chiaramente nel loro ultimo lavoro in studio con l’auspicio che band come queste possano ritornare con maggiore fermento alla ribalta, creando così un vero e proprio movimento di ricostituzione e rivoluzione, per una sana e vera performance rock-alternative sul palco e in studio.