L’Occidente è dentro una sfida epocale. E questa sfida è iniziata con la vittoria di Donald Trump alle presidenziali, contro ogni previsione precedente almeno di sei mesi alle elezioni. Era il tempo in cui i processi a carico del cittadino Donald Trump facevano escludere la possibilità reale di potersi riaffacciare.
E non erano solo i nostri grandi esperti di geopolitica a dirlo, qualsiasi Solone d’oltreoceano un anno prima delle elezioni guardava con il punto interrogativo le possibilità nel campo repubblicano.
La vittoria di Trump dimostra che nella nostra impalcatura democratica, in cui il sistema è formato da pesi e contrappesi, il margine per l’azione dei giudici si fa più ristretto. Qui non si stabiliscono delle logiche conseguenze né si intende evidenziare la dannosità piuttosto che il vantaggio di questa data situazione. Si dice solo che il conflitto con la magistratura non riguarda solo la piccola Italia, ma ciascuno ha il suo.
Ma ancora più decisivo e determinante consiste nella questione dei tempi delle decisioni in un sistema democratico che oramai non possono più reggere alla velocità del mondo in continuo cambiamento. Si dice da decenni e a più riprese. Ma mentre in Europa si tematizza il problema in articoli e convegni, il sistema americano con Trump e i suoi cento decreti esecutivi in due giorni dà la netta percezione che qualcosa è cambiato senza nessuna grande riforma. E non sappiamo ancora se ci piacerà questa nuova situazione. Nel frattempo dalle nostre parti si ridiscute sul sistema elettorale adeguato e sempre escono formule in cui si cerca il mix, mai trovato perché impossibile da trovare, tra maggioritario e proporzione. (Impossibile da trovare perché in un sistema elettorale si sposa anche una forma di governo e un modello di democrazia, quindi l’uno e l’altro non possono convivere con la scusa chiacchierata dei pesi e contrappesi).
La questione delle questioni resta la stessa qualsiasi siano i punti di approccio: i tempi delle decisioni.
– Su un sistema di continue verifiche e tavoli di concertazioni nascono governatori e governanti che forzano la mano per arrivare a conclusione ed inevitabilmente commettono reato. Siamo sicuri che sotto il profilo etico siano effettivamente perseguibili? –
Sempre in tema di velocità affrontare con “eroica sicurtà del vero” la questione dell’intelligenza artificiale. Anche qui, mentre in Europa si cincischia e si pongono solo problematiche il vecchio alleato Donald si mette al suo fianco il più forte produttore di questa tecnologia. Forse per controllarlo o per goderne direttamente i benefici? Non sappiamo quanto durerà questa alleanza e se durerà ma almeno c’è l’accettazione della scommessa. In Europa si moltiplicano le intemerate sulle conseguenze nefaste a danno della nostra libertà di intendimento e di azione. Ma in verità nascondono la paura a causa delle proprie debolezze, prima fra tutte la subalternità agli eventi, alla necessità delle decisioni, agli strumenti che ce le fanno prendere.
Anche qui il problema è sui tempi. I tempi di decidere o dover accettare le decisioni degli altri. Ma anche l’essere all’altezza di decisioni da prendere in tempi ristretti come fanno altri modelli comportamentali e di vita non europei.
L’Europa che aveva la pretesa guidare la corsa all’innovazione ne è già in ritardo. Cina e America non aspettano.