La guerra moderna si combatte su più fronti, e uno di questi è sempre più cruciale: il campo dell’informazione.
Mentre le armi tradizionali continuano a svolgere un ruolo importante, la manipolazione della narrazione, la disinformazione e la guerra psicologica sono diventate strumenti essenziali per ottenere un vantaggio strategico. In questo contesto complesso, emerge una figura inedita e fondamentale: l’etnografo di guerra, armato non di armi da fuoco, ma di competenze antropologiche.
Federico Prizzi, antropologo presso ItaliensPR e autore del libro “Cultural Intelligence ed Etnografia di Guerra – Il ruolo dell’antropologia nello studio dell’Information Warfare di Al Shabaab”, ci apre una finestra su questo nuovo scenario bellico. Il suo lavoro presenta il *Cultural Intelligence* (CI) come un metodo rivoluzionario di analisi antropologica applicabile al campo di battaglia. Questo strumento, lungi dall’essere una semplice curiosità accademica, offre un approccio pratico e concreto per decifrare le dinamiche di gruppi sovversivi, terroristici e insorgenti, come nel caso di studio approfondito nel libro: Al Shabaab.
Prizzi, esperto di negoziazione in aree di crisi e con un curriculum che spazia dalla collaborazione con la NATO alle Nazioni Unite, evidenzia come Al Shabaab utilizzi abilmente la comunicazione mediatica per mantenere l’iniziativa tattica e strategica. Attraverso un’analisi approfondita dell’Information Warfare del gruppo jihadista somalo, il libro dimostra l’importanza di comprendere il contesto culturale e le sue sfumature per contrastare efficacemente la propaganda e le strategie di manipolazione.
Ma il CI non è limitato al solo ambito militare. Le sue applicazioni si estendono al mondo del business, con analisi di mercato mirate a comprendere le specificità di contesti culturali differenti; alla comunicazione, con la creazione di messaggi efficaci e calibrati sulle audience di riferimento; e alla protezione dei beni culturali, un’area in cui la conoscenza antropologica risulta fondamentale per salvaguardare il patrimonio di gruppi etnici a rischio.
Il contributo di Prizzi è dirompente: non si limita a descrivere un nuovo metodo, ma definisce un ruolo professionale cruciale per le sfide del futuro. L’etnografo di guerra, con la sua capacità di interpretare le complessità culturali, diventa una figura chiave per comprendere e contrastare le strategie di guerriglia informativa, contribuendo a una più efficace gestione dei conflitti. Il suo lavoro, tradotto in turco e presentato alla Fiera del libro di Ankara, testimonia la portata internazionale di questa innovativa prospettiva antropologica, un approccio che promette di essere fondamentale nella comprensione e nella gestione delle guerre del XXI secolo. La pubblicazione del suo libro segna un passo avanti decisivo nell’integrazione delle scienze sociali nella strategia militare e nella sicurezza internazionale, aprendo la strada a nuove frontiere di ricerca e azione.
![](https://www.paeseroma.it/wp-content/uploads/2025/02/IMG-20250210-WA0039-468x480.jpg)