Ogni anno, mentre febbraio si avvicina, mi assale una malinconia profonda. Da bambino, Carnevale significava travestirmi, lanciare coriandoli e aspettare con ansia le sfilate dei carri. Oggi, invece, mi guardo intorno e vedo sempre meno bambini mascherati, sempre meno feste, sempre meno entusiasmo. Mi domando: dov’è finito il nostro Carnevale?
L’abbiamo lasciato sbiadire, lo abbiamo sostituito con una festa che non ci appartiene. Halloween ha vinto, con il suo marketing spietato e i suoi simboli importati che nulla hanno a che fare con la nostra storia. Le scuole preferiscono le zucche intagliate alle maschere tradizionali, i negozi vendono più costumi di streghe che di Arlecchini, e anche la pasticceria tradizionale viene messa da parte per fare spazio a dolci dalle forme inquietanti.
Ricordo quando le strade si riempivano di risate, i coriandoli coloravano i marciapiedi e i carri allegorici sfilavano tra la folla in festa. Ogni città aveva la sua identità, le sue maschere, i suoi riti: Venezia con il suo fascino elegante, Viareggio con la satira pungente, Ivrea con la sua battaglia delle arance. Ora, invece, tutto appare sbiadito, relegato a poche manifestazioni di nicchia o eventi turistici senz’anima.
Eppure, il Carnevale è una festa che appartiene a noi, alle nostre radici. Era il momento in cui ogni bambino poteva diventare un eroe, un principe, un buffone. Era il periodo delle chiacchiere croccanti, delle castagnole zuccherate, di quei sapori che sapevano di casa e di tradizione. Oggi, invece, il Carnevale è stato declassato a una moda passeggera, mentre Halloween ha preso il sopravvento con la sua estetica cupa e il suo consumismo sfrenato.
Non voglio rassegnarmi. Credo che Carnevale possa ancora rinascere se torniamo a trasmetterne il valore ai più giovani. Se insegniamo loro che travestirsi non è solo un gioco, ma un modo per entrare nella storia di un popolo. Se riscopriamo le nostre tradizioni culinarie e le portiamo nelle case. Se combattiamo contro l’omologazione e riabbracciamo la bellezza della nostra cultura.
Perché Carnevale non è solo una festa: è un pezzo della nostra anima. E se lo lasciamo morire, perderemo anche una parte di noi stessi.