La pittura del Maestro, affascinato da Leonardo da Vinci e Caravaggio, ma anche da Kevin Hill e Andrew Tischler, conquista importanti traguardi intercontinentali, da New York a Miami.
Arte e Natura sono intrecciate da un legame ben saldo nei secoli: diversi gli artisti per i quali le bellezze del Creato costituirono i soggetti prediletti, dai Fiamminghi ai Macchiaioli, solo per fare degli esempi. Non poteva essere altrimenti per Luca Ripamonti, la cui tavolozza è intrisa di colori vividi e incontaminati.
La Val Vigezzo, un territorio ove anche gli alpeggi più remoti diventano testimoni di una devozione sincera, veicolata dalla pittura, lo educa ad una semplicità schietta e genuina, ai tempi dilatati e all’osservazione attenta.
Tra i castagni, i faggi e i larici della sua terra, egli riesce a cogliere gli innumerevoli effetti del sole in cielo. Le ombre si allungano: ciò aumenta il contrasto tra esse stesse e la luce. Nascono così irrepetibili sfumature di verde, giallo, arancio e rosso, che annegano nel blu terso dell’aere.
Cantore di una bellezza vergine, ove la visione retinica si intreccia all’estro creativo senza soluzione di continuità, il Nostro dà vita a lavori irripetibili, ove la presenza umana è assente o – al più – accennata. Centrale, al contrario, l’elemento acqua, sorgente di vita, ora cheta nelle rappresentazioni lacustri, ora irruenta e impetuosa sotto forma di cascata, come d’altronde gli stati d’animo che si susseguono nell’interiorità di ognuno.
Se nei paesaggi e nelle nature morte egli addiviene ad una rarefazione dei fondali, fino a dar vita ad opere avulse dal contesto spazio – temporale, memori delle amene e rasserenanti creazioni di Kevin Hill e Andrew Tischler (esponenti di spicco della scuola contemporanea americana), diverso è il discorso limitatamente al nudo, per il quale si affida alla grafica. In questo caso il tratto risulta caparbio e fiero.
Innegabile è il volume plastico ottenuto per mezzo del chiaro – scuro. La muscolatura, le terga e la schiena risaltano naturalmente, senza parossismi di genere: i corpi sono quelli floridi di una giovinezza cristallizzata.
Nel ritratto, per il quale l’autore fa riferimento a Leonardo da Vinci, Caravaggio, la tecnica serve a porre in risalto l’espressività degli occhi, l’esternazione di una condizione interiore.
Osservando la successione di umani visi che il repertorio dell’artista offre, viene alla mente il celebre verso A thing of beauty is a joy forever dell’Endymion di Keats, secondo cui la vera beltà è eterna e foriera di una gioia eterna. Non sovviene nessun altro autore che, più di Ripamonti, sia in grado di incarnare tale prezioso concetto.
Chi è Luca Ripamonti
Luca Ripamonti nasce a Milano nel 1964, ma risiede e lavora a Germignaga, in provincia di Varese. Respira arte fin dall’infanzia: a soli cinque anni si trasferisce nella Valle Vigezzo, la valle dei pittori, un locus amoenus che ha dato i natali a diverse personalità artistiche, senza contare il fatto che il fratello del nonno fu allievo di Giorgio De Chirico. Tutto ciò contribuisce ad alimentare la predisposizione naturale verso le arti visive e ad accrescere una spiccata sensibilità per l’armonia e l’equilibrio delle forme.
Dopo un precocissimo percorso didattico presso la scuola Rossetti Valentini di Santa Maria Maggiore, consolida le competenze tecniche presso l’atelier di Ugo Bernetti Da Vila, sua guida fedele nella conoscenza delle grandi figure della storia dell’arte. Durante tale apprendistato matura la consapevolezza di essere un eterno “ragazzo di bottega”, per quella volontà mai paga di imparare osservando.
Il Maestro si interfaccia tardivamente al mondo espositivo, ma gli anni di ricerca immersiva nel silenzio dell’atelier e di dedizione a ciò che si può definire un’esigenza intrinseca della sua persona – la pittura – gli aprono subito le porte del successo: l’inserimento nell’Atlante dell’Arte Contemporanea 2024, la lectio magistralis presso il Metropolitan Museum of Art di New York e la partecipazione all’interno del collettivo “Perceptive Group” del padiglione nazionale Grenada alla 60. edizione della Biennale di Venezia Arte sono da ritenersi sicuramente i risultati più ragguardevoli della sua carriera.
A dicembre dello scorso anno, inoltre, la selezione per il booth Start edizioni (a cura di Daniele Radini Tedeschi e Stefania Pieralice) presso Art Basel Miami, tra le fiere d’arte più celebri al mondo, contribuisce a donare ulteriore respiro internazionale alla sua figura, parimenti nota agli addetti ai lavori quanto al grande pubblico.