Roma – Si è tenuto ieri 14 novembre, ai mercatini di via Conca d’Oro, l’incontro tra cittadini, autorità e dirigenti Ama, per discutere di quell’enorme problema che è la raccolta differenziata. Dopo ben cinque anni di silenzio, l’Ama, che si è finalmente decisa a presentare quantomeno una proposta di raccolta differenziata, rischia di toppare ancora una volta. Probabilmente spinta dalla mora di 56 milioni di euro imposta l’altra settimana all’Italia dalla Comunità Europea, che stranamente non ha approvato le nostre discariche abusive e che dice no agli inceneritori e ai termovalorizzatori, dannosissimi per la salute, l’azienda ha messo in piedi un progetto di raccolta differenziata un po’ troppo affrettato e quanto mai anomalo: la raccolta avverrà davvero in maniera “differenziata”, nel senso che verrà applicata in maniera diversa tra una zona e un’altra, o meglio tra zone verdi e zone gialle e arancioni, diversificate in base a dei parametri urbanisti appositamente studiati. Questo significa che in tutta Montesacro soltanto il 13,6% dei cittadini potrà usufruire del servizio porta a porta mentre il restante 86,3% dovrà continuare ad utilizzare i cassonetti stradali. Come funziona? Bene: nel porta a porta verranno tolti i cassonetti dalla strada e consegnati a tutti i cittadini i contenitori per l’organico, il vetro e la carta e i sacchi per l’indifferenziato e per il multi materiale leggero, cioè senza vetro; a chi invece resterà con lo stradale (quindi la maggior parte) verranno dati comunque i contenitori domestici, ma unicamente per esercizio mentale visto che l’Ama lascerà i cassonetti su strada, ognuno di un colore diverso, dove gettare i rifiuti. C’è da dire che chi avrà l’onore, e l’onere, di partecipare alla raccolta porta a porta, o condominiale, dovrà lasciare fuori il bidoncino la sera e riportarlo dentro la mattina, per permettere all’Ama di ritirarne il contenuto. Aleggia tra i cittadini una domanda: ma chi lo porta? In un palazzo di giovani che lavorano dalla mattina alla sera, anziani o donne sole, chi farà questo lavoro ogni giorno? Sono veramente tanti i dubbi e sono troppe le domande lasciate senza una risposta. Bisogna, però, partire dall’inizio. Come ha spiegato Annamaria Romani, presidente del Circolo Legambiente Aniene, «il nostro Ministero dell’Ambiente ha stretto un accordo con CONAI (Consorzio Nazionali Imballaggi, n.d.r.) che è un grande consorzio che racchiude tutta la filiera dei materiali che noi scartiamo e che vuole un materiale di riciclo pulito, altrimenti i comuni devono pagare smaltimento e trasporto. In città come Monza negli ultimi 8 mesi il porta a porta spinto ha comportato un guadagno di circa un milione di euro, noi ci chiediamo perché qui da noi non è possibile? I cassonetti non permettono il controllo di ciò che gettiamo, e se il riciclaggio viene lasciato ai cittadini con i cassonetti e non viene fatto come si deve noi non avremo la possibilità di ridurre le nostre tasse, come invece sta avvenendo in moltissimi comuni virtuosi. Insistono in un progetto ormai fallito che è la raccolta stradale, un modello di sviluppo che non riesce a progredire ma solo a riportare indietro la qualità di vita di tutti, e che non funzionerà». Ricordiamoci che la legge nazionale vigente prevede che Roma si adegui al 65% di raccolta differenziata entro il 31 dicembre di questo anno, cosa impossibile considerato che in questo momento si calcola appena il 26%, e considerato che il sistema stradale non ispira la fiducia che si possano mantenere certe promesse. Legambiente Aniene, insieme a moltissimi altri comuni e associazioni, sostiene che l’esperienza di qualsiasi città o paese dimostra che la raccolta stradale con i cassonetti non funziona, non ha mai funzionato e non ha mai prodotto i livelli di raccolta differenziata che la legge ci impone, che è un sistema antiquato e che rispetto alla situazione precedente non è cambiato proprio nulla. Piergiorgio Benvenuti, Presidente Ama, si giustifica: «Roma è una città complessa, non c’è stato un piano regolatore ambientale che prevedesse ad esempio dei palazzi con lo spazio comune per i bidoni, e il cosiddetto “Patto per Roma”, stipulato con Roma Capitale, Ama, CONAI e il Ministero dell’Ambiente, ci ha consentito di avere delle risorse economiche per raggiungere un grado di raccolta che sia di buon livello. Per fare questo abbiamo messo in atto una sperimentazione che prevede due soli modelli di raccolta in base alle tipologie urbanistiche e alle ricorse economiche, con un obbiettivo ben preciso: che entro due anni un milione di persone a Roma devono avere il porta a porta spinto. Ma questo è un progetto che va ottimizzato nel tempo, dobbiamo guardare in prospettiva». Lo stesso dice l’Ingegnere Giuseppe Perrone, dirigente dei servizi territoriali Ama, il quale sostiene: «qui sembra che Ama non voglia fare il porta a porta, noi cerchiamo di risolvere il problema con le risorse e il quadro normativo che ci si propone, ognuno fa quello che può in funzione di quello che ha, la raccolta porta a porta per tutti non avremmo potuto farla per i tempi ristretti e per i soldi, in quanto ha un problema reale che è quello dei contenitori, che vanno bene nelle realtà limitate o dove ci sono giardini o spazi pubblici condominiali ma è un problema per il cittadino che non sa dove metterli. Abbiamo cercato di coniugare questi diversi aspetti e abbiamo scelto il IV Municipio per questa sperimentazione perché ci serviva un Municipio che fosse una piccola Roma, per capire se può funzionare. Non è vero che non cambia niente, culturalmente cambia molto perché vi entriamo dentro casa e vi obblighiamo a usare contenitori separati». A questo punto, insieme ad Annamaria Romani, vorremmo ricordare ai dirigenti di Ama che dalle nostre tasche la TARSU (Tassa Smaltimento Rifiuti Solidi Urbani, n.d.r.) ricava 750 milioni all’anno, il CONAI 250 milioni di tassa ambientale sempre annui, e che negli ultimi quattro anni le tasse sui rifiuti sono aumentate del 45%, quindi ci si chiede che fine abbiano fatto tutti quei soldi, soprattutto considerato che non è cambiato niente. Inoltre il CONAI ha firmato il triennio 2009/2013, ci sarebbe quindi da chiedersi anche come mai si è partiti così in ritardo. Sembrerebbe che i presupposti ci siano e che ci fossero anche prima, soprattutto se consideriamo per un attimo le parole di Nando Bonessio, Presidente dei Verdi Lazio: «non vorremmo che questo abbondare di cassonetti non sia che una conseguenza di quella sciagurata scelta aziendale del 2011, quando l’Ama ha acquistato 28.000 cassonetti di cui 14.000 per l’indifferenziato, quelli neri, per la modica cifra di 14 milioni di euro e con un contratto di 5 anni di manutenzione. Quindi l’Ama nel 2011 ha fatto una scelta che con la raccolta porta a porta non c’entrava nulla. Tolleranza zero! Non possiamo ammettere che ci sia una procedura che non sia propedeutica alla strategia finale legata al porta a porta. Pensare che oggi si fa una proposta, quella del quarto cassonetto marrone su strada, come novità che non c’entra nulla con la raccolta differenziata porta a porta è una contraddizione, è l’ennesima situazione che non ci farà cambiare pagina. Non è questo il futuro che vog
liamo». Eh già! Perché per Mimmo D’Orazio, presidente del Comitato Serpentara, «questo nuovo modello di raccolta differenziata è una mera sostituzione di cassonetti, perché nel momento in cui ci danno i kit domestici e poi ci obbligano a buttare il tutto nei cassonetti stradali questa non è più raccolta differenziata, per cui noi chiediamo assolutamente che l’Ama riveda questo sistema d’accordo con cittadini, associazioni e comitati». Naturalmente, invece, per Cristiano Bonelli, Presidente del IV Municipio, «diceva bene il dirigente Perrone, questo Municipio rappresenta un test, perché è una piccola Roma. Non si fa un passo indietro, ci sono delle cose che vanno aggiustate, è un progetto che come tutte le cose nuove ha bisogno di un assestamento, di una serie di fasi. È evidente il fatto che ci sono dei problemi che Ama deve risolvere, ma non si fa un passo indietro, questa è una opportunità che la nostra città deve sfruttare al massimo perché siamo indietro decenni rispetto alle altre città europee. Detto ciò i cittadini devono avere anche delle certezze: dove vanno a finire questi materiali? Si fa tutto per iscritto, si certifica, noi vogliamo avere la certezza che il nostro sforzo ha un seguito, che il differenziato va dove deve andare». «Questa iniziativa di Ama non è affatto una rivoluzione né un esperimento rivoluzionario, è qualcosa che è stato imposto velocemente e di corsa perché ci sono dei parametri temporali e qualitativi che sono già stati violati e perché bisogna chiudere finalmente Malagrotta e non sanno più cosa fare. Roma è una città complessa, ma questo vale per tutte le città italiane; è che non c’è la volontà di risolvere il problema, tant’è vero che nelle altre città funziona c’è da chiedersi il perché», sostiene Roberto crea, segretario regionale di cittadinanza attiva, in pieno disaccordo con il Presidente; mentre Mario Vicentini di “Amico Quartiere”, molto più esplicitamente sentenzia: «Viene il dubbio che non la vogliate fare perché a qualcuno serve che ci sia ancora tanta spazzatura da portare in discarica». Più chiaro di così … . Alessia Forgione