Grazie ad un incredibile primato incontrastato che dura ormai da mesi, il Leicester City sotto la guida dell’allenatore testaccino doc Claudio Ranieri, sta per toccare il sogno scudetto nella prestigiosa Premier League inglese.
Proprio il tecnico di 64 anni, eletto pochi giorni fa miglior allenatore italiano del 2016 e miglior allenatore della Premier League di questa stagione, ha rilasciato una dichiarazione commovente che ha colpito il cuore di tutti, per una favola che sta diventando realtà.
“Mi ricordo il primo incontro col presidente quando sono arrivato quest’estate.
Si è seduto con me e ha detto «Claudio, questo è un anno importante per il club. È importante per noi rimanere in Premier League, dobbiamo salvarci». La mia risposta fu, «ok. Lavoreremo duramente e proveremo a farcela».
Quaranta punti. Questo era l’obiettivo. Tornando indietro, non avrei mai immaginato che il 4 aprile avrei aperto il giornale e visto il Leicester primo in classifica con 69 punti. L’anno scorso, nello stesso giorno, il club era in fondo alla classifica. Incredibile.
Ho 64 anni, per cui non esco molto. Mia moglie è con me da 40 anni, così nei giorni liberi, cerco di stare vicino a lei. Usciamo al lago a casa nostra, o se ci sentiamo avventurieri guardiamo un film. Ma alla fine, ascolto il frastuono da tutto il mondo. È impossibile da ignorare. Ho saputo che abbiamo nuovi tifosi in America che ci seguono.
A voi dico: Benvenuti al club, siamo felici di avervi con noi. Voglio che voi amiate il modo in cui giochiamo a calcio, e voglio che voi amiate i miei giocatori, perché il loro percorso è incredibile. Forse avete sentito i loro nomi solo ora. Giocatori che erano considerati troppo piccoli o lenti per altri grandi club, Kantè, Vardy, Morgan, Drinkwater, Mahrez. Quando sono arrivato il mio primo giorno di allenamento e ho visto la qualità di questi giocatori, ho capito quanto bravi sarebbero potuti essere.
Kantè, per esempio, correva sempre così tanto che pensavo avesse un sacchetto di batterie nascosto nei pantaloncini. Non smette mai di correre in allenamento. Ho dovuto dirglielo «hey, N’Golo, piano, vai piano. Non inseguire il pallone ogni volta, ok?» e mi dice «Sì capo, sì. Ok». Dieci secondi dopo lo guardo e sta correndo ancora. Gli dico «un giorno ti vedrò crossare il pallone e colpirlo di testa sempre da te stesso». È incredibile, ma non è la sola chiave, ci sono molte chiavi da nominare in questa stagione incredibile.
Vardy, ad esempio. Non è un calciatore, ma un cavallo fantastico. Ha bisogno di essere libero in campo. Gli dico sempre «sei libero di andar dove vuoi, ma ci devi aiutare quando perdiamo palla. È tutto ciò che ti chiedo. Se inizi a pressare, i tuoi compagni ti seguiranno». Prima di ogni partita dico «avanti ragazzi, rete inviolata oggi» e se prendiamo gol, la volta dopo cerco di dare un motivo in più. Come col Crystal Palace, quando ho promesso la pizza per tutti in caso di rete inviolata. E infatti, “clean sheet”. Così li ho portati in pizzeria, ma gli ho detto di farsele da soli. Ci mancano sei partite. Dobbiamo continuare a lottare col cuore e con l’anima.Siamo un piccolo club che sta mostrando al mondo cosa si può raggiungere con lo spirito di squadra e la motivazione. 26 giocatori, 26 cervelli diversi, ma un solo cuore.
Pochi anni fa molti miei giocatori giocavano in leghe più basse. Vardy lavorava in fabbrica, Kantè e Mahrez erano nella terza e quarta divisione francese. Ora lottiamo per il titolo. I tifosi che incontro per strada mi dicono che stanno sognando. Io dico «Voi sognate per noi, noi non sogniamo, noi lavoriamo duro».
Non importa cosa succederà alla fine, penso che la nostra storia è importante per tutti i tifosi di calcio del mondo. Dà speranza a tutti i giovani giocatori là fuori che si sono sentiti dire di non essere abbastanza bravi.
Possono dirsi «come arrivo al top? Se Vardy e Kantè lo possono fare, posso anch’io». Cosa gli serve? Un grande contratto o un grande nome? No. Bisogna tenere la mente aperta, così come il cuore, una batteria carica e correre liberi. Chissà, forse a fine stagione, faremo due feste a base di pizza”.
Articolo di Alberto Fuschi