Un nuovo organismo raggruppante le varie realtà islamiche del Lazio, su una base di consapevolezza della molteplicità sociale e culturale del mondo occidentale: si tratta del CAIL, Coordinamento Associazioni Islamiche del Lazio, al quale hanno aderito già 22 associazioni mussulmane, e i cui programmi sono stati presentati in una conferenza stampa al teatro “Trastevere” di Roma. “Secondo dati del Viminale, presentati alla Camera dei Deputati nella seduta del 6 aprile“, ha precisato, in apertura, Francesco Abd al-Haqq Tieri, coordinatore del CAIL, “ in Italia figurano regolarmente censite 1205 strutture islamiche: tra cui 4 moschee (Roma e Siena in primo luogo), 858 luoghi di culto e 343 associazioni culturali. Siamo mussulmani che non voglion confondere la religione islamica, che è messaggio di pace e di convivenza, con il fanatismo e il terrorismo“. Il coordinatore ha accennato poi alle difficoltà esistenti nel rapporto con alcuni enti locali: che, per paura o per ostilità, non avviano rapporti costruttivi
con le associazioni islamiche, nè tantomeno aiutano con indicazioni atte a favorire un miglior inserimento delle realtà islamiche nel tessuto della società italiana.”Tutto questo si riscontra, a volte, anche in enti locali guidati da amministrazioni di Centrosinistra: che a parole si dicon disposti ad agevolarci, ma poi non fanno nulla (caso tipico, la giunta Pisapia a Milano)”.
Questo, il “Cahier de doleance” sottoscritto da Tieri, italiano di religione mussulmana, nel presentare ufficialmente il nuovo organismo ( vedi www.cailazio.info): al quale aderiscono già molti dei 100.000 mussulmani che figurano a Roma e nel Lazio. Se per facilitare la costruzione di nuove moschee (evitando quelle “fai-da-te”), si posson trovare comunque varie soluzioni, ha proseguito il coordinatore del CAIL, “i problemi son piu’ complessi per quanto riguarda la vigilanza contro il terrorismo. Ma- ha detto onestamente Tieri – su questo piano, oltre rispettare la legge e vigilare contro infilitrazioni, e strumentalizzazioni, sempre possibili, non possiamo fare molto, non avendo nè le attrezzature, nè la preparazione, necessarie. Teniamo presente, comunque, che in Italia le moschee, o comunque i luoghi di culto, islamici in realtà sono tra i posti piu’ controllati dalle forze dell’ordine; e non nasce una nuova sala di preghiera senza che la Pubblica Sicurezza lo sappia“.
Ma come vedrebbero, i mussulmani del CAI ( che per il 10% sono italiani), per l’ Islam italiano, una politica di tipo francese, cioè basata su un preciso albo nazionale degli Imam, sull’ obbligo, per loro, di tenere i sermoni anzitutto in lngua italiana, e sul dovere, per tutti gli immigrati ( nel quadro generale d’una nuova disciplina dell’immigrazione, chiaramente), d’ imparare la nostra lingua e studiare attentamente Costituzione e altre leggi essenziali del nostro Paese? “Piu’ che al modello francese”, ha precisato ancora Abd al- Haqq Tieri , “guarderei a quello spagnolo. In Spagna, recentemente le tante realtà islamiche son riuscite a delineare una sintesi delle loro posizioni, e, così, a sottoscrivere un’intesa con lo Stato, per disciplinare i reciproci rapporti. Anche in Italia vedrei opportuna una soluzione di questo genere. Che (una volta, beninteso, che si riuscisse ad amalgamare tra loro i vari raggruppamenti di comunità islamiche ) sarebbe pienamente conforme alla Costituzione: il cui art. 8 prevede appunto che i rapporti tra Stato e confessioni diverse da quella cattolica siano regolati per legge, sulla base di intese con le relative rappresentanze“.
Nel dibattito sono intervenuti, tra gli altri, anche Roberto Masucci, Capo di gabinetto del Questore di Roma ( “La sicurezza oggi non può essere un monopolio delle forze dell’ordine, ma un contenitore in cui devono entrare anche iniziative dei cittadini stessi, anzitutto sul piano culturale e della conoscenza del territorio” ), Roberto Leone, Viceprefetto aggiunto di Roma (“Non dimentichiamo il passo avanti fatto , nel 2007, con la stesura di quella “Carta dei valori“, sui princìpi di democrazia, tolleranza, rispetto dei diritti umani, che fu sottoscritta da molte associazioni islamiche in Italia); e Salameh Ashour, presidente della Comunità palestinese di Roma e del Lazio. ” A Roma – ha detto Ashour – ci sono spesso belle iniziative culturali e artistiche, come ad esempio mostre interessantissime su temi riguardanti il mondo islamico,la sua cultura e la sua arte: cui, però, le organizzazioni mussulmane partecipano davvero troppo poco. Invito allora le realtà islamiche ad essere piu’ partecipi e attive nel divulgare iniziative di questo tipo anche tra i membri della comunità mussulmana. E le invito anche a divulgare meglio, tra loro, la storia d’Italia, e la consapevolezza di essere anche loro cittadini dell’ Italia, coscienti dei propri doveri e diritti: partecipando, così, specialmente a quelle iniziative piu’ rilevanti per la democrazia, come anzitutto quella grande festa dell’ Italia che è il 25 Aprile, e poi il 1 maggio, essenziale festa del mondo del lavoro“.
di Fabrizio Federici