Tanti sguardi, prima curiosi e chiassosi, poi attenti. Sguardi di adolescenti felici di saltare un paio d’ore di lezione, che però si ritrovano in un frame molto diverso dal solito.
Ascoltare certe storie, non lascia indifferenti. Nemmeno se hai sedici anni, nemmeno se ne hai quaranta. Ascoltare il racconto di un padre che lotta da anni, ricercando verità e giustizia per sua figlia Serena, non ti fa girare dall’altra parte.
Perchè tra Sezze e Arce la distanza non è molta. In mezzo le divide il Semprevisa e la catena dei monti Lepini. Perchè tra due realtà di paese ci si intende. Perchè Serena poteva essere una compagna di classe di quegli stessi studenti del “Pacifici” o del “De Magistris” di Sezze.
E allora si ascolta tutta la storia.
Guglielmo Mollicone è un uomo dall’aspetto mite. Un padre che racconta di come sua figlia sia stata ritrovata assassinata, il 3 giugno del 2001, col viso avvolto in un sacchetto di plastica e mani e piedi legati. Che spiega come sua figlia appena diciottenne abbia cercato di denunciare chi spacciava droga nel paese, e di come la denuncia non sia stata raccolta. Guglielmo spiega di come Santino Tuzzi, Brigadiere dei Carabinieri, che dopo anni confessa di non aver “preso in carico” la denuncia che Serena avrebbe voluto sporgere, sia stato ritrovato morto. Per suicidio. Con la pistola di ordinanza. Tre giorni prima di deporre in procura. Un Suicidio pieno di contraddizioni e di indizi che fanno pensare ad altro.
In questo incontro-dibattito, i ragazzi rimangono attenti anche quando il legale Antimo Turri, coordinatore del comitato scientifico dell’ “Associazione Nazionale I Cittadini contro le Mafie e la Corruzione” che ha promosso l’incontro, spiega quali possano essere le conseguenze e le dinamiche dettate dal silenzio e quanto il passo sia breve, tra una serata con gli amici e un po’ di droga, e rovinarsi la vita per sempre.
Si è parlato di cifre, di numeri, del giro d’affari che alimenta il traffico di cocaina in Italia. Si è parlato di droghe leggere e pesanti. Si è parlato di una ragazza semplice che non ha accettato di tacere mentre gli amici di sempre morivano per droga. Si è parlato di chi agisce dalla parte della legalità e paga con la vita, e di chi, come quegli stessi studenti in ascolto, può cambiare davvero le cose.
Da qualche mese il caso di Serena ha avuto una svolta, perchè finalmente dopo quindici anni si è deciso di riesumare il cadavere e cercare prove di DNA che possano inchiodare l’assassino, o gli assassini di Arce, artefici di un crimine così efferato, contro una giovanissima ragazza.
Ci auguriamo giustizia e verità per Serena, per suo padre Guglielmo, e per tutti coloro i quali lottano contro un sistema di omertà e di tolleranza, nei confronti di chi semina morte in nome di un guadagno facile, sulle vite dei nostri ragazzi.
Che siano di Sezze, di Arce o di Palermo non fa differenza.
Perchè la lotta da portare avanti è sempre la stessa, quella della legalità.