Più che un semplice sfogo, si tratta della richiesta disperata di una donna romana rimasta senza un soldo e in una grave situazione di invalidità conclamata
«Il 31 gennaio 2013 mi hanno dichiarata inabile permanente al lavoro. Da quel giorno il mio spirito si è spento e ho perso gran parte della mia vitalità aggravando nel subconscio una già precaria situazione di poca salute. Nonostante il mio carattere esteriormente forte e sempre sorridente e gioioso dentro mi sentivo morire giorno per giorno sprofondando sempre di più in uno stato di delusione di tutto, di debiti sempre crescenti, di poche chiarezze e conferme. Comunque nell’ottobre successivo ho
fatto la domanda di invalidità perché quella di inabilità me l’hanno rifiutata per sole ‘tre settimane’ di contributi mancanti. La differenza economica tra l’una e l’altra era di 210 euro in più, ma passiamoci sopra… Dopo aver fatto le visite di rito alla Asl mi era stato riconosciuto l’80 per cento e un’inabilità lavorativa del 99 per cento, quindi a luglio del 2014 sarei stata prossima alla pensione. Arrivò invece, a novembre, una lettera che mi comunicava che il giudice tal dei tali aveva deciso che io
sarei dovuta essere sottoposta a un’ulteriore visita medica perché era stato presentato un ricorso a mio nome da parte di un avvocato al quale io mi ero rivolta per ottenere una percentuale maggiore di invalidità. Non ti dico il mio stato d’animo, si avvicinava ormai Natale e già sapevo che non avrei avuto un soldo. Mi trovai davanti a una dottoressa arrogante e ineducata come pochi, che per tutta la visita non fece altro che sminuire quello che c’era scritto sulle cartelle cliniche come se fossi una che ci stava marciando.
sarei dovuta essere sottoposta a un’ulteriore visita medica perché era stato presentato un ricorso a mio nome da parte di un avvocato al quale io mi ero rivolta per ottenere una percentuale maggiore di invalidità. Non ti dico il mio stato d’animo, si avvicinava ormai Natale e già sapevo che non avrei avuto un soldo. Mi trovai davanti a una dottoressa arrogante e ineducata come pochi, che per tutta la visita non fece altro che sminuire quello che c’era scritto sulle cartelle cliniche come se fossi una che ci stava marciando.
Inoltre si appropriò dei certificati originali della Asl che mi erano stati rilasciati il mese di luglio attestanti tutti i parametri dell’invalidità stessa. Uscii dal suo studio con il morale a terra, ma sperando che comunque non sarebbe diminuito la percentuale già riconosciuta anche se però avrei dovuto aspettare almeno altri 8 mesi per la pensione. Cercando di reagire in qualche modo, come ti ho detto avevo cominciato a cercare qualcosina da fare online, il mese di aprile del 2015 cominciai di nuovo a sperare nell’arrivo della chiamata dell’Inps e invece con mia sorpresa ricevetti un’altra
lettera del giudice, che mi comunicava che la dottoressa era stata destituita in quanto riconosciuta colpevole di maltrattamenti verso i pazienti e di favoritismi verso altri e che era stato nominato un altro medico, il quale si sarebbe dovuto interessare di farmi un’ulteriore visita nel mese di maggio 2015. Andai anche da questo medico che fu molto gentile e scrisse le cose che vide sia sulle cartelle sia nella realtà. Poi mi disse che lui aveva tempo fino alla fine di luglio per consegnare la sua relazione, ma che ovviamente che ad agosto e settembre il giudice sarebbe andato in ferie e bla bla bla… e quindi di non nutrire speranze fino almeno al mese di novembre inoltrato o addirittura dicembre. Accettai questa nuova proroga, con l’animo sempre più cupo, e in effetti a dicembre venni chiamata da un Caf che mi chiedeva di portargli l’Iban. Quindi andai alla posta piena di speranza e aprii il libretto per la pensione dove c’era il codice Iban. Ma quando arrivai, la ragazza che mi aveva chiamata mi consegnò l’Omologa del giudice che diceva che la percentuale di invalidità era confermata, che il medico aveva riscontrato la mia invalidità che si condannava l’Inps a una multa per i ritardi occorsi, quindi ero quasi contenta. Ovviamente nel corso di questo tempo ho vissuto brutti momenti: ho dovuto accettare i pacchi viveri da alcune associazioni, dalla parrocchia, il cibo cotto avanzato dalle aziende, distacchi di luce, di gas, di acqua, disperarmi per cercare aiuti anche economici, ma ora tutto mi sembrava superato, finalmente mi sembrava si fosse fatta giustizia. Accennai timidamente a chiedere se prima di Natale mi fosse arrivato qualcosa e la signorina mi rispose: no signora deve avere pazienza la burocrazia ha i suoi tempi, diciamo che fine marzo massimo, o aprile, dovrebbero chiamarla. Un altro Natale senza soldi, senza luce e altri cinque mesi davanti. Ma mi dissi, pazienza Marina passeranno anche questi e ho aspettato fiduciosa fino ad ora.
Arriviamo ai giorni nostri, passato il mese di aprile 2016, il giorno 3 maggio mi sono recata all’Inps per chiedere qualche informazione per sentirmi rispondere: no signora non vedo nulla in arrivo a breve per lei. A quel punto è stato più
forte di me le lacrime mi scendevano senza che potessi fare nulla e mi arrabbiavo con me stessa perché mi dimostravo debole; a quel punto l’impiegata mi disse: senta signora io capisco che le costa venire qui, adesso le faccio la domanda per avere l’accesso al nostro sito e la richiesta del pin, cosi invece di venire qui, si guarda comodamente tutto da casa. Io le diedi i documenti e le dissi solo: faccia come crede perché quando un cittadino trattato come voi state trattando me, viene a chiedere informazioni circa i suoi diritti, per voi è solo una rottura di scatole, meglio se ne stia a casa da solo così se un giorno o l’altro a forza di ‘non ricevere risposta’, decide di andarsene in punta di piedi, voi non avrete neanche il senso di colpa.
L’indomani mattina mi hanno nuovamente staccato la luce e sinceramente ormai non so davvero più che fare. Posso solo parlare telefonicamente con qualche amica quando la vicina mi offre di ricaricare la batteria…..»
lettera del giudice, che mi comunicava che la dottoressa era stata destituita in quanto riconosciuta colpevole di maltrattamenti verso i pazienti e di favoritismi verso altri e che era stato nominato un altro medico, il quale si sarebbe dovuto interessare di farmi un’ulteriore visita nel mese di maggio 2015. Andai anche da questo medico che fu molto gentile e scrisse le cose che vide sia sulle cartelle sia nella realtà. Poi mi disse che lui aveva tempo fino alla fine di luglio per consegnare la sua relazione, ma che ovviamente che ad agosto e settembre il giudice sarebbe andato in ferie e bla bla bla… e quindi di non nutrire speranze fino almeno al mese di novembre inoltrato o addirittura dicembre. Accettai questa nuova proroga, con l’animo sempre più cupo, e in effetti a dicembre venni chiamata da un Caf che mi chiedeva di portargli l’Iban. Quindi andai alla posta piena di speranza e aprii il libretto per la pensione dove c’era il codice Iban. Ma quando arrivai, la ragazza che mi aveva chiamata mi consegnò l’Omologa del giudice che diceva che la percentuale di invalidità era confermata, che il medico aveva riscontrato la mia invalidità che si condannava l’Inps a una multa per i ritardi occorsi, quindi ero quasi contenta. Ovviamente nel corso di questo tempo ho vissuto brutti momenti: ho dovuto accettare i pacchi viveri da alcune associazioni, dalla parrocchia, il cibo cotto avanzato dalle aziende, distacchi di luce, di gas, di acqua, disperarmi per cercare aiuti anche economici, ma ora tutto mi sembrava superato, finalmente mi sembrava si fosse fatta giustizia. Accennai timidamente a chiedere se prima di Natale mi fosse arrivato qualcosa e la signorina mi rispose: no signora deve avere pazienza la burocrazia ha i suoi tempi, diciamo che fine marzo massimo, o aprile, dovrebbero chiamarla. Un altro Natale senza soldi, senza luce e altri cinque mesi davanti. Ma mi dissi, pazienza Marina passeranno anche questi e ho aspettato fiduciosa fino ad ora.
Arriviamo ai giorni nostri, passato il mese di aprile 2016, il giorno 3 maggio mi sono recata all’Inps per chiedere qualche informazione per sentirmi rispondere: no signora non vedo nulla in arrivo a breve per lei. A quel punto è stato più
forte di me le lacrime mi scendevano senza che potessi fare nulla e mi arrabbiavo con me stessa perché mi dimostravo debole; a quel punto l’impiegata mi disse: senta signora io capisco che le costa venire qui, adesso le faccio la domanda per avere l’accesso al nostro sito e la richiesta del pin, cosi invece di venire qui, si guarda comodamente tutto da casa. Io le diedi i documenti e le dissi solo: faccia come crede perché quando un cittadino trattato come voi state trattando me, viene a chiedere informazioni circa i suoi diritti, per voi è solo una rottura di scatole, meglio se ne stia a casa da solo così se un giorno o l’altro a forza di ‘non ricevere risposta’, decide di andarsene in punta di piedi, voi non avrete neanche il senso di colpa.
L’indomani mattina mi hanno nuovamente staccato la luce e sinceramente ormai non so davvero più che fare. Posso solo parlare telefonicamente con qualche amica quando la vicina mi offre di ricaricare la batteria…..»
Michela Cuppini