Nella fase attuale della vita dei centri ex art. 26 l’applicazione dei Decreti Commissariali in materia di riorganizzazione dell’attività riabilitative nelle Regioni conosciuto come “piano di rientro” – in pratica il riordino sanitario che per far quadrare i conti stabilisce spesso tagli lineari a tutte le strutture – colpisce anche i servizi al disabile e gli operatori del settore.
L’attuazione dei decreti è di fatto una deliberazione che investe sempre e comunque coloro che si trovano in condizioni di disagio, i diversabili, gli anziani, i cittadini , ma collateralmente elimina servizi che rappresentano di fatto anche una forma importante di progresso scientifico ed umano.
I contenuti dei decreti contrastano talvolta con linee e le attese della buona riabilitazione, delle buone pratiche sanitarie, del farsi carico di chi è in difficoltà. Sono in difficolta’ le prestazioni riabilitative, il vivere in micro comunità dei centri di riabilitazione, il sistema sociale di una buona sanità. Su tutto ciò si concentra un taglio lineare , un taglio, che induce i gestori di ospedali, centri di riabilitazione a tagliare spesso i servizi, i posti di lavoro ad aumentare il disagio dei familiari.
L’assenza di servizi socio-assistenziali, nel campo della disabilità, comporta una “sanitarizzazione” della risposta offerta al bisogno degli utenti e dei loro familiari, come confermano i dati disponibili su tale attività, mentre al contrario è possibile operare, con il consenso dei soggetti sociali e istituzionali, una riconversione della spesa che non penalizzi le persone con disabilità.
Su tale ipotesi andrebbe aperto un confronto con gli attori interessati: Regione Lazio, Aziende Sanitarie Locali, Comuni, Centri riabilitativi, Associazioni del terzo settore, Associazioni di categoria, affinché la riduzione del deficit regionale non penalizzi i “soggetti in condizione di fragilità sociale”.
Silvia Buffo