Roma – Sono già iniziate le manifestazioni appoggiate dall’organizzazione NO-TAV, l’ente che si oppone alla realizzazione del treno ad alta velocità che collegherebbe Torino e Lione prevista dall’Unione Europea. I focolai di rivolta si concentrano soprattutto a Val di Susa, dove sbuca la galleria di base.
Pare , però, che i manifestanti non abbiano tutti i torti, stando ad analisi di natura scientifica condotte in oltre 20 anni di ricerca da docenti universitari ed esperti di economia dei trasporti, di architetture contrattuali e finanziarie, di ingegneria ambientale, da naturalisti, geologi, agronomi, medici e giudici.
Tanto per cominciare sarebbe inutile perché andrebbe a coprire un segmento Italia-Francia della TEN (Trans European Network) che esiste già, ed è costituito dall’autostrada del Frejus (A32) più la ferrovia Torino-Modane potenziata ed ammodernata appena a dicembre 2010: parliamo dunque di due infrastrutture con ampie capacità di trasporto ancora non sfruttate. Senza contare che non è giustificata da ragionevoli previsioni di traffico merci e passeggeri. Dal costo insostenibile (12-13 miliardi di euro) tutto a debito della spesa pubblica, erodendo ulteriormente risorse dedicabili a scuola, sanità, pensioni e stato sociale, sulle quali andrà a pesare anche un successivo bilancio di esercizio in passivo poiché, se ci si basa su previsioni di traffico realistiche, si scopre che per molto tempo la linea non sarebbe in grado di ripagare l’investimento effettuato per la sua costruzione e neanche gli oneri di esercizio (in quanto presenterebbe introiti molto minori rispetto ai costi di gestione e manutenzione). Inoltre favorirebbe la collaborazione tra partiti imprenditori e mafie dal momento che l’architettura contrattuale e finanziaria prevede il trasferimento di soldi pubblici nelle tasche di pochi privati. Infine avrebbe impatti estremamente dannosi non soltanto sulla salute degli abitanti della zona, ma anche sul territorio attraversato, da quelli “transitori” come i cantieri (che dovranno restare aperti per almeno 10 anni) a quelli permanenti come l’aggiunta di altre infrastrutture, la sottrazione di altro suolo alla valle per le opere di servizio e danni all’equilibrio idro-geologico con elevata probabilità di perdita di sorgenti e di impoverimento di torrenti a causa di tunnel e interramenti: un impatto irreversibile con effetti sia sugli acquedotti e sulle colture, sia sui boschi (specie vegetali ed animali). Per non parlare degli impatti definitivi a carico del paesaggio, dell’assetto urbanistico e di alcuni siti archeologici. L’organizzazione NO-TAV si è impegnata a fornire ai cittadini tutti i dati necessari. Alessia Forgione