Come è il Suo giudizio sull’attuale situazione?
Positivo, molto positivo.
Dopo la trasmissione di un film dell’orrore durato circa venti anni mi sembra ci siano le condizioni e gli uomini per aprire una nuova fase che riscatti l’Italia.
Come si sta al centro?
Bene, per tanti anni la domanda era se stavamo con questi o con quelli, ora falliti questi e quelli si apre l’impegno per ricostruire il paese, alla lunga la nostra diversità ci ha dato ragione.
Adesso dobbiamo impegnarci per rimettere a posto i danni materiali che questo bipartitismo muscoloso ha provocato.
Poi dobbiamo costrire una proposta di governo per l’Italia per la prossima legislatura parlamentare.
Sarebbe il Terzo polo?
Sarebbe la scommessa che possa esistere uno spazio in cui si possano conoscere e riconoscere parole come etica, solidarietà, servizio, competenza, distinzione tra interessi pubblici e interessi privati, bene comune.
Per dirla con parole anche del passato uno spazio nazionale, popolare, acofensionale di ispirazione cristiana nel quale convogliare idee, progetti e uomini per la crescita del nostro paese.
Per anni abbiamo vissuto nell’idea di delegare un salvatore della patria alla cura dei nostri interessi e siamo arrivati alla derisione internazionale e alla più grande crisi economica del dopoguerra, alla totale paralisi.
E’ stato chiaramente un errore, adesso il tempo del riscatto è arrivato.
In concreto quali sono le linee guida?
La prima è che dobbiamo porre in maniera inequivocabile la questione della legalità.
Non ricostruiremo la passione ed il ruolo della politica se non poniamo la questione della legalità come elemento costitutivo della nostra testimonianza: controllo del territorio, efficienza della pubblica amministrazione, certezza del diritto e della sua osservanza, lotta alle mafie che soffocano il nostro futuro.
La seconda è che dobbiamo modificare l’attuale modello economico che coniugando precarietà nel mondo del lavoro e riduzione dello stato sociale sul fronte pensionistico mina la stabilità delle nostre famiglie.
Non possiamo accettare una politica economica che socializza le perdite e privatizza i profitti e che individua nei tempi difficili come unica soluzione la contrazione degli investimenti in scuola, sanità e servizi e nei tempi migliori indirizzi alle imprese le risorse aggiuntive.
Dobbiamo riprendere in mano la battaglia del giusto valore del lavoro da cui dipende in ultima analisi la vita e la dignità di ognuno di noi e dei nostri figli.
Dalle parole ai fatti, sono cose realistiche?
Le rispondo dicendoLe che la Sua domanda è inutile.
Alla fine, alle prossime generazioni, non resteranno tanto i risultati ma resteranno il nostro impegno, la nostra capacità di testimonianza tra quello che volevamo lasciare e quello che abbiamo cercato di realizzare, su quello saremo misurati e valorizzati anche se dovessimo fallire.