Roma – Si è svolta ieri davanti alla Chiesa di Sant’Apollinare a Roma la manifestazione promossa da Pietro Orlandi per la raccolta firme che chiede la rimozione della tomba di Enrico “Renatino” De Pedis dalla basilica, che “scandalosamente ospita la tomba di un criminale” sottolinea Orlandi.
C’erano circa 500 persone nella piazza dove è stata vista per l’ultima volta Emanuela Orlandi, cittadina vaticana figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia, la cui sparizione avvenuta nel giugno del 1983 coinvolse lo Stato Vaticano, lo Stato Italiano, l’IOR (Istituto per le Opere di Religione), il boss della Banda della Magliana De Pedis e il Banco Ambrosiano, banca privata cattolica italiana. Il caso è tutt’ora irrisolto, ma secondo le testimonianze di Sabrina Minardi, per molti anni amante di De Pedis, sarebbe stato lo stesso “Renatino” ad effettuare il rapimento della ragazza, allora quindicenne, e a sbarazzarsi poi del corpo per ordine del monsignor Paul Marcinkus, allora a capo dello IOR, “come se avessero voluto dare un messaggio a qualcuno sopra di loro”. Nel 2005 la redazione del programma televisivo Chi l’ha visto? ha ricevuto una telefonata anonima che ha rivelato la presenza di un qualche collegamento tra il caso Orlandi e chi è sepolto nella basilica di Sant’Apollinare, struttura di proprietà dell’Opus Dei. La tomba è risultata essere proprio quella del boss Enrico De Pedis e dai documenti sembra che la sepoltura sia stata voluta dal cardinale Ugo Poletti, allora presidente della Cei. Naturalmente le ipotesi e le teorie in merito alla vicenda si sprecano.
“Quella sepoltura – ha detto Pietro nella piazza – è lo snodo di quel legame omertoso tra Stato, Chiesa e criminalità che 28 anni fa si è portato via Emanuela”. Sulla facciata della Chiesa un lenzuolo, appeso dai manifestanti, riporta la scritta. “Fuori De Pedis dalla Basilica”. Alessia Forgione