Ottimi vini, primi elaborati, crostacei afrodisiaci, ecco la tavola che scaccia la crisi/
Non vederlo è impossibile, perché la grande insegna che campeggia imponente sulla Tiburtina al km 18.300, dove è scritto “Peyote” lo rende già conosciutissimo a solo un anno dalla sua apertura. E’ divenuto in poco tempo un punto di ritrovo serale per molti. «Si può venire per strafogarsi di scampi e gamberoni, per abboffarsi di ottime aragoste, ma anche solamente per un prosecco con un ostrica… o solo per ascoltare buona musica, magari per un appuntamento romantico» parola di Antonello Carta, il titolare, che garantisce: arrivi di pesce giornalieri, lavorazione artigianale, tradizione e arte della cucina sarda. La cucina è prevalentemente orientata alle specialità di crostacei e frutti di mare, in pietanze crude o in piatti sapientemente elaborati. E’ un ristorante dove si può prendere anche solo un aperitivo o fare semplicemente un dopocena. Aragoste e astici vivi, crostacei gratinati, alla catalana, alla griglia, poi le spigole, le orate – tutto pesce di mare – scampi, gamberi, vongole, ostriche, telline, lupini, datteri, fasolari, che sono i cosiddetti frutti mare ‘bivalve’ si consumano esclusivamente vivi. Ma il vero trionfo di sapori è nel piatto di misti crudi, che comprende tutto ciò che il mare ha offerto in giornata, come: tartufi, limoni di mare, ricci, cozze, cozze pelose(pugliesi) e cannolicchi.
I menù partono da 30 euro per gustare un pasto completo di tutto, proprio tutto.
«Il segreto è nel saper riconoscere il pesce fresco». Ma come fare? “Nel pesce bianco come orate, spigole, saraghi, si riconosce dall’occhio, che deve essere bello vivo e non incavato -spiega Carta, con quarant’ anni di esperienza nel settore- ma bisogna guardare anche le branchie che devono avere un colore rosso porpora e se toccate devono rilasciare il sangue nelle mani. A volte l’occhio non fa fede perché il pesce viene trasportato coperto di ghiaccio che, in contatto con gli occhi, li brucia e li incava. In quello cotto, invece, bisogna osservare la fragranza, la carne che deve essere compatta e la lisca che, smossa bruscamente non si infrange ed è di colore trasparente”.
Il pesce crudo è poi considerato da molti una prelibatezza, anche per le virtù afrodisiache attribuite ai crostacei… Ciò che conta è, ovviamente, la freschezza. “Meno lo tocchi e meglio è, meno lo cuoci e più buono è” continua Carta che nel suo ristorante, trasformazione del noto “Su Nuraghe” di Collefiorito che per dieci anni ha deliziato i palati più esigenti, attirando nell’hinterland anche calciatori e gente dello spettacolo, si avvale di arrivi giornalieri. Oggi, sulla via Tiburtina al km 18,300 oltre a degustare i piatti della cucina tipica sarda, come Malloreddus allo scoglio, che è una buonissima pasta fatta di acqua e farina, tipo un’orecchietta schiacciata, ma anche la Fregola sarda, i Culurgiones, ovvero pasta ripiena di patate, condita alla crema di scampi, oltreché invitanti misti di crudi, si può anche trascorrere il dopocena o assaporare un piacevole aperitivo.
Si pensa poi che il limone sia un ingrediente fondamentale per consumare il pesce crudo. “E’ solo una scuola di pensiero, il sapore vero lo si sente senza. Il pesce deve essere fresco e scelto fin dall’origine. Una cozza cruda al naturale è una prelibatezza”.
Anche in tempi di crisi, la qualità premia. L’importante è non dimenticare di rallegrare il palato prestando attenzione anche al portafogli. “Io penso che la crisi debba affinare le menti e non annichilirle –prosegue Carta- Si deve offrire un prodotto di nicchia a costi contenuti. Per gustare un pasto completo di tutto i menu partono da 30 euro, a pranzo lavoriamo anche a 10 euro a coperto e questa politica mi sta dando ragione”.
Alessia Latini