Che la crisi economica si senta tutta, non è una novità di questi mesi. Fasce sociali sempre più deboli come giovani senza lavoro o al massimo della precarietà, anziani sempre più poveri e piccoli esercenti locali subissati da tasse, burocrazia e un mercato che – è il caso dirlo – proprio non funziona, perché sbilanciato in favore dei grossi agglomerati commerciali, che sembrano risucchiare i piccoli acquisti e le spese quotidiane necessarie proprio a quelle fasce deboli. Ma è questa l’estate che verrà ricordata da tutti come la più nera di un’epoca intera. Una brutta pagina nella storia della città di Roma, segnata dall’evidente chiusura o ‘non riapertura’ per il mese di settembre di numerosi negozi, che lasciano dunque la serranda abbassata e un vuoto – non soltanto nell’arredo urbano delle vie – anche nell’immaginario collettivo del ‘quartiere’, al quale si è stati abituati per decenni. In una zona come il quarto municipio, fatta di parti più ‘benestanti’ e aree da sempre più ‘popolari’, si assiste al livellamento delle condizioni economiche della classe media, ovverosia: rischio povertà reale per tutti.
Troppe chiacchiere e ‘soluzioni tampone’ sono state avanzate dall’amministrazione negli ultimi periodi, dalla cosiddetta “fidelity card” – promossa dallo stesso presidente del municipio Cristiano Bonelli – all’arrivo della certificazione dello sconto attraverso i cosiddetti “buoni Scec”, che non si capisce se siano una vera e propria moneta locale o semplicemente una trovata pubblicitaria di questa giunta – criticata da più parti – come afferma il consigliere Fabio Dionisi(Pd) « il comune non li rimborsa e il commerciante non può pagare il fornitore con gli Scec». Soluzioni poco efficaci e marchiate politicamente, a detta dei rappresentanti delle associazioni di categoria del quarto. Marco Fava – rappresentante degli esercenti del quartiere Nuovo Salario «non abbiamo aderito alla card sconto e non crediamo agli Scec. Sono solo uno specchietto per le allodole. Qualcuno ci spieghi, invece, perché l’occupazione di suolo pubblico che paghiamo in quest’area è pari a quella di via Veneto» e denuncia una situazione allarmante di «rischio povertà e microcriminalità, anche le forze dell’ordine ne sono al corrente, ci sono state numerose rapine e poi la piaga dello strozzinaggio locale è dilagante, abbiamo provato numerose volte la strada di un dialogo con le istituzioni, trovando mille porte chiuse..». Ma è Massimiliano De Toma, presidente dell’ associazione “Commercio Quarto Municipio”, che lapidariamente afferma «siamo arrivati a livelli di tassazione massima che non consentono più di programmare un’attività. Ogni imprenditore dovrebbe avere un quadro certo dei costi. Così è impossibile riuscire a portare avanti un’azienda» e aggiunge «non c’è bisogno di arrivare a creare monete locali. Ha aderito, certo, qualche attività, ma bisognerebbe inserire questo strumento in un circuito più ampio. Il Municipio potrebbe scontare ai commercianti le tasse locali, esempio la Cosap»
E mai come oggi il commercio ha avuto le idee così chiare, ancora De Toma «se è vero che Roma è da sempre legata alla microimpresa – ditta famigliare – allora un’assessore al commercio di municipio o comune, dovrebbe avere poteri per realizzare aree cosiddette di “centro commerciale naturale”, fatte di strade e piazze riqualificate, ma anche parcheggi, aree verdi e panchine» e non dimentichiamoci del problema più grave, ovverosia «l’accesso negato al credito e un rischio usura tangibile, che ha spinto la nostra associazione a firmare un protocollo d’intesa con l’ “Ambulatorio Antiusura” e richiedere l’aiuto di dodici istituti bancari di zona».
Situazione fuori controllo secondo Mirko Coratti(Pd): «Un municipio sempre più povero, la situazione è davvero scappata di mano a quest’amministrazione, che non ha dialogato con le associazioni di categoria e trovato soluzioni concrete insieme a queste ultime. Alemanno non ha colto i fermenti di crisi che da diverso tempo stavano impoverendo la città e le sue attività commerciali. Sono solidale e al contempo ho grande preoccupazione per la situazione di chi chiude o rimane in povertà».
Michelangelo Letizia
Michelangelo Letizia