Lo scorso 28 novembre, gli operai edili delle metropolitane di Roma hanno chiuso tutti i cantieri e hanno scioperato manifestando proprio davanti la sede di Roma Metropolitane. Quello stesso pomeriggio si è tenuta una conferenza dei servizi presidiata dall’Ingegnere Pasquale Donia – direttore della Pianificazione, Sviluppo e Controllo dei Sistemi di Trasporto Pubblico e collegati interventi emergenziali e dirigente incaricato della direzione dell’Unità Organizzativa Monitoraggio, Sviluppo e Controllo dei Sistemi di Trasporto su Ferro –, conferenza che comunque non ha chiarito agli scioperanti i motivi reali che hanno portato all’interruzione dei lavori per le linee B1 e C. Fatto sta che, mentre il Comune di Roma sostiene di aver espletato tutte le procedure di sua competenza e di essere in attesa del parere della Regione Lazio per la valutazione d’impatto ambientale e dell’autorizzazione della Sovrintendenza Archeologica, 1.200 persone attendono di perdere il lavoro, persone che hanno già vissuto un precedente l’anno scorso e alle quali era stata promessa una rioccupazione nelle prossime opere, le stesse che oggi rischiano di non partire. «Con lo sciopero siamo riusciti ad accendere i riflettori ma quello che chiediamo, cioè date ed impegni certi, non l’abbiamo ottenuto – ha dichiarato Luigi Palmi, impiegato del Consorzio della metro B1 – Il discorso si è risolto con uno scaricabarili, perché il Comune dice che tutto ciò che doveva fare l’ha fatto. Dal verbale che loro hanno redatto dall’incontro non si capisce cos’è che in realtà blocca i lavori, ma noi vogliamo delle motivazioni. Mentre per la metro C vi era un problema di reperimento fondi, anche se pare che questi fondi li abbiano trovati, dicono che sono stati concessi 790 milioni di euro, per la tratta B1 non si parla assolutamente di soldi ma di burocrazia tra uffici, di accordi per l’impatto ambientale e le autorizzazioni della Sovrintendenza ai Beni Culturali, anche perché questa è un’opera in project financing, cioè praticamente paga il privato, il Comune mette una minima parte di questi soldi. Ma se la gara è stata fatta nel 2008 ed è stata aggiudicata da più di un anno e il lavoro è ben definito, non si capisce il perché di questo ricorso. Se c’è qualche errore che hanno commesso nel compilare questo andamento di gara, provvedessero in maniera celere, perché si tratta di semplice burocrazia. La cosa sconcertante è che hanno dato precedenza alla burocrazia e hanno preferito mettere le persone in mezzo alla strada. Di questi lavoratori nella tranche precedente ne ho conosciuti almeno una settantina quando lavoravo alla consegna del badge e le assicuro che viene un cuore come una nocciolina a guardarli in faccia. Oltretutto siamo già in un ritardo pazzesco rispetto alle previsioni fatte perché la cantierizzazione necessita di tempi di realizzo che porteranno via mesi, probabilmente un anno, per l’avvio dei lavori, e noi subiremo in maniera passiva le conseguenze di questo ritardo. Stiamo ancora aspettando una risposta significativa, non ci raccontano le cose come stanno e non riusciamo a capire. L’unica promessa fatta dall’assessore è che sperano di risolvere la situazione “il più presto possibile” ma non si sa che cosa intende con questo, può essere tra 3 mesi, 6 mesi, un anno, 3 anni … Fanno promesse ma non c’è nulla di concreto». Alessia Forgione