Roma – È successo a Guido Tancredi, 68 anni, imprenditore. Il signor Tancredi vive in via Val Trompia, nei pressi della Nomentana, dopo aver messo in vendita una proprietà nella stessa zona è riuscito a comprare un ex casale a Settecamini, intestato alla moglie, dal quale ha ricavato cinque unità immobiliari che ha poi affittato ad altrettanti gruppi di una stessa famiglia. L’anno scorso, in data 22 marzo, Tancredi si è recato alla sede Acea vicino Tivoli, “perché a piazzale Ostiense è un casino”, per fare la voltura dell’acqua del suo nuovo complesso: «stesso loro mi hanno consigliato un contratto che si chiama “a bocca tarata” che prevedeva l’allaccio di una sola utenza e la fornitura di una determinata quantità di acqua da distribuirsi tra gli inquilini con un serbatoio. Subito dopo l’allaccio avremmo applicato una variante per l’aumento di capacità, e in questo modo l’acqua mi sarebbe venuta a costare si e no 120-130 euro a trimestre. Dunque subito dopo l’allaccio ho presentato la richiesta di variante del contratto, come mi era stato detto, e siccome nessuno si era più fatto sentire ho pensato che fosse tutto sistemato. Quando però mi sono arrivate le prime fatturazioni il costo della bolletta risultava di 2.000-2.500 euro, una cifra molto diversa da quella pattuita. Ho pensato che fossero impazziti! Come avrei fatto a pagare! Andai a chiedere spiegazioni e mi dissero che non potevo fare l’ampliamento che avevo chiesto perché il depuratore non riusciva a smaltire tutto il consumo. Mi hanno detto “se lo faccia lei”. A parte che forse non sanno quanto costa un depuratore, ma poi loro in questo modo mi stanno privando di un mio diritto. Allora ho presentato un’istanza e loro mi hanno risposto comunicandomi ufficialmente l’annullamento della pratica perché il depuratore di quella zona è saturo. Questa è un’inadempienza dei loro obblighi, perché l’Acea dal momento che agisce in regime di monopolio deve erogare l’acqua equamente per tutti sul territorio. Oltre tutto sono stati proprio loro a consigliarmi ingannevolmente questa procedura, sapendo benissimo che poi mi avrebbero fregato . Mi hanno minacciato dicendomi che se non avessi pagato mi avrebbero fatto pagare 100 euro per staccare l’allaccio e altri 100 per riattaccarlo. Tutto questo lo fanno per arricchirsi, ma io non ho nessuna intenzione di pagare una somma che è il frutto di un loro calcolo illegittimo per cui di quei 2.000 euro che mi hanno chiesto ne ho versati soltanto 466, che è probabilmente quello che avrei dovuto pagare senza il loro rifiuto. Tra l’altro nella loro risposta non hanno neanche saputo dirmi qual è il depuratore al quale fanno riferimento, perché lì ce ne sono tre – uno dei quali peraltro è sotto sequestro – e in questo modo non mi permettono neanche di fare ricorso, al quale ho pieno diritto, perché non posso specificare qual è il depuratore in questione. Parlano di una disposizione di legge alla base dell’annullamento della mia pratica, che non viene citata chiaramente e che loro dicono essere normale ma io sono convinto che è giudiziaria, probabilmente li hanno beccati a fare qualche illecito. Io ci sono andato a controllare gli impianti e, infatti, non mi risulta che ci sia un’eccedenza, quindi avranno qualche impedimento di altra natura. Ma qualunque sia il motivo loro non mi possono negare l’acqua, non ne hanno il diritto; se c’è qualche problema lo hanno creato sicuramente loro con i loro imbrogli, per cui lo risolvessero pure come vogliono ma mi devono restituire l’acqua! Li ho anche diffidati avvertendoli che se avessero continuato a non rispondermi sarei andato alla Procura della Repubblica, e a quel punto toccherà a loro accertare se questo comportamento viola norme penali e costituzionali. Ma tanto loro hanno continuato ad ignorarmi, mi stanno ignorando da un anno, mi mandavano soltanto i solleciti per il pagamento. Il 17 di ottobre mi hanno staccato l’acqua e io ho dovuto fare un pozzo – dal quale credo sia meglio non bere – altrimenti avrei dovuto chiudere tutto. Ora questo è un caso personale che però investe anche il generale perché a Settecamini è questa la situazione: se uno vuole l’acqua non gliela danno perché non fanno fare l’allaccio. Lì si può costruire, ma con un piano regolatore che non viene messo in atto chi costruisce, e chi compra? Io non dovrei neppure pagare l’IMU perché un immobile che non ha acqua non è abitabile, eppure mi dicono che lo devo pagare al 50%. Io voglio capire perché non vogliono darmi l’acqua, è un mio diritto. Mi devono rispondere in maniera esatta». Alessia Forgione