Succede a Ciampino. Dopo aver ricevuto l’intimazione di sfratto la signora Simona Padula, un marito e due figli minorenni, disoccupata e alla ricerca disperata di un impiego, si rivolge al comune nella speranza di ricevere aiuto in una situazione drammatica. Un appoggio dove poter tenere al sicuro i suoi figli, nell’attesa di tempi migliori, è tutto quello che chiede.
Dopo essersi rivolta al sindaco del comune di Ciampino, Simone Lupi (Pd), il quale avrebbe dovuto attivarsi per ottenere una proroga di sfratto, senza però alcun risultato, Simona e suo marito si sono rivolti ai servizi sociali dello stesso comune, la cui dirigente Maria Pisaturo avrebbe avanzato una proposta per loro inaccettabile: «sarei dovuta andare da sola con i bambini in una casa famiglia e separarmi da mio marito senza neanche sapere dove lo avrebbero mandato. Naturalmente mi sono rifiutata».
Grazie all’aiuto di un’amica avvocato, che è arrivata laddove perfino il sindaco aveva fallito, riescono ad ottenere la benedetta proroga e decidono, a quel punto, di rivolgersi all’assessore ai servizi sociali, Gabriella Sisti, la quale ha subito sistemato la famiglia in una camera di ostello: «tranquillizzati da questa cosa abbiamo lasciato la casa da cui ci avevano sfrattati, senza fare storie, e il 28 gennaio ci siamo trasferiti. Ma pochi giorni fa abbiamo saputo che il comune ha coperto la nostra permanenza solo per 20 giorni, cioè fino a domenica 17, dopodiché dobbiamo andarcene o pagare. Quando sono andata a chiedere spiegazioni mi hanno detto che sono troppe le persone che hanno bisogno di aiuto e che loro non possono permettersi di fare di più perché non hanno fondi, che per noi hanno fatto un’eccezione, e che se voglio continuare a stare in ostello dovrò provvedere da sola a pagare l’affitto. Secondo loro dovrei usare i mille euro del contributo alloggiativo che mi verrà dato a breve, anche se io l’ho chiesto nel 2010. Ma quei soldi non basteranno mai per la camera e per tutte le spese, e io i miei figli devo pur farli mangiare. Io e mio marito siamo disoccupati, non riusciamo a trovare lavoro in nessun modo, neanche a nero. Ci arrangiamo come possiamo, elemosinando cibo e medicine, come pretendono che paghiamo un affitto? Né tantomeno possiamo andarcene, non avendo altro posto dove stare. Possibile che non ci sia un alloggio comunale? Ho fatto anche domanda al comune per le case popolari e mi hanno detto che non ce ne sono, quando invece ho saputo da gente di quartiere che ci sono tantissime case vuote o occupate dagli zingari. E poi hanno il coraggio di chiedermi il voto in una situazione come questa dicendomi “Ti aiutiamo, poi quando verrà il momento sarai tu ad aiutare noi”. È scandaloso. Dove sono i miei diritti di cittadina? E i diritti dei miei bambini? Ci hanno abbandonati, ora ci lasciano letteralmente in mezzo alla strada». Alessia Forgione