Sembra che “Porte di Roma” non sia l’unico problema degli abitanti e dei commercianti del quartiere, definito da Laura, la titolare della Tintoria Mantoni (via Mantoni 39), “quartiere dormitorio”, in cui «finisci di lavorare alle otto, ceni e vai a letto». Il problema più grande non è certo la concorrenza del centro commerciale: «tanti clienti vengono da me dopo essere stati da loro – continua Laura – non sono soddisfatti e si rivolgono alla mia professionalità. Se devo essere sincera a me non preoccupa la presenza del centro commerciale, magari mi infastidiscono un po’ i prezzi, sempre più bassi di 30 o 50 centesimi, oppure il fatto che i clienti lì trovano aperto fino a tardi, anche dopo il lavoro, mentre io alle otto chiudo e vado a casa. Ma in ogni caso io mi sono sempre preoccupata più della qualità della clientela piuttosto che della quantità. Naturalmente è vero che non si lavora: tutto quello che guadagno lo spendo per le bollette e l’affitto, per me stessa non mi rimane niente». Eppure i prezzi di Laura sono molto competitivi: un pantalone o una giacca lavati e stirati, tre euro e cinquanta, una camicia addirittura due euro e cinquanta. «Io non credo che sia tutta colpa del centro commerciale: la gente non spende, i miei clienti o sono degli affezionati o sono spinti dal passaparola. Il problema più grande, però, è che questo è un quartiere fantasma. Solo verso le sei di pomeriggio inizia a vedersi un po’ di movimento e comunque la gente esce dal lavoro e alle otto torna a casa. È pieno di bar, rosticcerie e pizzerie; ce n’è una ad ogni angolo di attività di questo tipo ma non c’è una macelleria, un alimentari, un fruttivendolo, o una qualunque attività che possa valorizzare e vivacizzare il quartiere. Forse la mia tintoria è l’unica, o comunque una delle poche, a non avere un doppione. C’è da aggiungere poi che questa non è una zona di passaggio. È vero che non si lavora, ma secondo me è soprattutto per questo motivo: questo quartiere ha troppa poca visibilità». Alessia Forgione