L’imprenditore marchigiano, aderirà all’aumento di capitale di Rcs e proverà a rilevare anche tutto l’inoptato disponibile. A diffondere la notizia è stato ieri lo stesso Diego Della Valle, in una conferenza stampa convocata nel suo quartier generale.
L’annuncio a sorpresa di Della Valle pronto a salire nella ricapitalizzazione della Rcs, dall’attuale 8,7% a oltre il 20%, superando la quota di Fiat, è avvenuto mentre Mediobanca e Pirelli facevano sapere di aver esercitato i diritti, portando le rispettive quote al 15,1 e al 5,3 per cento.
L’azionista all’8,7 per cento, ha sottolineato che la partita Rcs è ancora tutta da giocare ed entrerà nel vivo a fine luglio, aggiungendo: “Terminato l’aumento ci si dovrà sedere intorno ad un tavolo per eliminare il patto di sindacato del Corriere della Sera, un accordo ridicolo e di altri tempi. Ho incontrato tutti gli azionisti eccetto Fiat e c’è una condivisione sullo scioglimento del patto. Se poi il piano funzionerà siamo pronti a prenderci tutto l’inoptato delle banche che potrebbe essere anche più del 20%. Il tutto, nella speranza che non ci sia da fare una battaglia fra soci e, in particolare, con il Lingotto di John Elkann”.
Il presidente di Mirafiori è stato più volte bersaglio del numero uno dell’industria calzaturiera italiana nel corso dell’incontro con i giornalisti. Soprattutto per la telefonata della settimana scorsa al Capo dello Stato, in cui Elkann avvisava Napolitano del progetto della Fiat di salire al 20 %.
Della Valle ha terminato la lunga conferenza dicendo: ”Dobbiamo difendere Rcs dalle pressioni. Non dovrebbe esserci un primo azionista, ma quattro o cinque che ne difendono l’autonomia. Se tutto questo andasse in porto farebbe bene al sistema Paese. Un’operazione coraggiosa che non passa dal ridimensionamento delle persone che ci lavorano. Stare al tavolo è un obbligo perché è una condizione per difendere un pezzo importante della libertà di stampa. Avrei potuto spendere meglio i miei soldi e infatti non ho investito su Rcs per guadagnarci. Auspico che cinque azionisti si mettano al 10 % e senza mettersi d’accordo gestiscano l’azienda”.
Ernesto De Benedictis