Quella sera la solitudine mi pesava meno del solito e il vento di maestrale allentava la tensione e le mie membra, vigorose e energiche, rispondevano colpo su colpo ad ogni sollecitazione. Ero vivo. Nonostante tutto ero ancora vivo e sentivo, quasi con fare subdolo, la necessità di ritornare a gestire la mia vita.
Sbattei le palpebre e le strinsi quasi a mettere a fuoco ciò che mi circondava. Era la notte di san Lorenzo.
Io distante da me e distante dal mondo. Solo l’aria mi temprava e lo spirito che pulsava indomito. Feci un respiro profondo, poi un altro ancora. Mi piaceva starmene immobile, mentre l’aria mi scompigliava i capelli almeno quanto adoravo trattenere il respiro e rimanere in balia delle correnti, sott’acqua nel mare cristallino di san Foca.
Mi piaceva sentire il profumo della natura selvaggia, delle erbette nostrane, della murteddha dai fiori bianchi e profumati che adornano i muretti a secco, i paretoni di vecchie campagne scevre di pietre fra la frolla terra che, in taluni punti, prende il colore del sangue dei contadini mentre il sudore cola inesorabile.
Quella sera mi sentivo particolarmente ricco. Sorrisi. La luna pareva coccolarmi, nelle sue forme primordiali e io sentì, nettamente, la sua presenza e la tenerezza infinita che cercava di nascondere nel suo profumo di prataiola salerosa e il capo di lei -e mi piacque immaginarla con i suoi capelli ricci- posarsi sulla mia spalla.
Ne trassi un sospiro di sollievo e sorrisi schiudendo gli occhi. Quella sera non ero solo.
I ricordi riaffiorarono con prepotenza e mi accarezzarono senza colpo ferire. In questi anni avevo rielaborato il rapporto e ne avevo tirato le somme e ancora una volta mi sentì sconfitto dal cuore ballerino di lei. Impassibile, chiusi gli occhi cercando un appiglio ma non mi riuscì di ripararmi e per ogni ricordo sentivo come un fendente che strideva prima di raggiungere l’obiettivo.
In lontananza, lo scoppiettìo del falò, mi riportò alla realtà e l’odore della salsiccia arrosto mi fece ritornare il buon umore. Alcune coppie copulavano poco distanti.
Quella sera, mi sentivo pronto per chiarire, quella sera c’erano le condizioni per discutere con lei, affrontare ciò che era stato. Quella sera avrei voluto averla vicina, sentirla ancora una volta al mio fianco, per questo decisi di chiamarla.
Sulla mia bacheca, questa notte, ho postato una stella. -iniziai a raccontarle- non una qualunque, se tu mi conoscessi solo un po’ lo sapresti, ho postato la stella cometa. La stella cometa, capisci? Nella simbologia sta a significare la nascita. Ebbene, io rinasco. Rinasco ed esprimo un desiderio: non amarmi. Anche perché non sapresti più farlo.
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