«Il problema è che non siamo stati avvisati dei vizi della nostra domanda» – così Giusy Vitale, una madre disoccupata richiedente la casa popolare che non ha consegnato la domanda a busta aperta, o meglio, spillata soltanto lateralmente. La legge, si sa, non ammette ignoranza. Ma a sentir parlare una mamma come la Vitale ci si pongono umanamente delle domande, perché «non è possibile che una madre sola debba far girare pubblicamente le proprie informazioni personali».
Giusy Vitale, dopo insistite richieste, a luglio viene ricevuta dall’assistente sociale che integra lo sfratto e la disoccupazione nella domanda. Quindi i funzionari comunali hanno visionato più volte le sue carte, ma non avrebbero avuto – a detta di lei – l’accortezza di segnalarle l’errore, infatti «non sono stata affatto avvisata dei vizi contenuti nella mia domanda».
«L’ideale sarebbe riaprire il concorso dando la possibilità di correzione a chi non sapeva di inviare domande viziate». Questo lo scopo di cittadini e politici. La Vitale, dal canto suo, si è impegnata a costituire un comitato nato dall’indignazione comune e da riunioni ripetute. Anche i consiglieri del Pd dichiarano di voler curare la situazione, avendo già criticato le modalità e il periodo di pubblicazione che di certo non favorivano la chiarezza e la diffusione del bando.
Elisiana Fratocchi