Greenpeace, lo dice il nome stesso, è sempre stata una ONG non solo pacifica, ma dedita al pacifismo e, da sempre, si fa promotrice della Nonviolenza. Il suo modo di svolgere azioni e manifestazioni non ha mai dato motivo alle istituzioni o alle forze dell’ordine di intervenire in modo militare, violento e armato. Semplicemente perché non ce ne è mai stato bisogno. Il rispetto dell’ambiente e la sua salvaguardia non possono prescindere dal rispetto dell’uomo, ogni uomo, nella sua integrità fisica e morale. Ed in questo Greenpeace crede profondamente. E se è vero che l’ha dimostrato decine e decine di volte in 42 anni di attività è altrettanto vero che non ha di certo cambiato rotta nell’ultimo mese. Nè tanto meno la pensavano diversamente i 30 attivisti coinvolti nell’azione alla stazione petrolifera Gazprom nel mare del Nord. Eppure questa volta le cose sono andate diversamente. Gli attivisti sono abituati a confrontarsi con la collera altrui; sono abituati alle manette; perfino agli idranti sono abituati. Ma ai proiettili difficilmente ci si abitua. Sì perché la guardia costiera, in risposta all’azione ha dispiegato forze e fatto uso di armi quali si userebbero per fronteggiare un gruppo di terroristi armati. Ben undici colpi sono stati sparati a pochi centimetri dagli attivisti che si erano già arresi.
Il video degli spari
E saranno sempre le armi a fare da protagoniste anche durante il successivo assalto alla nave di Greenpeace “Artic Sunrise”.
Le foto dell’assalto
Sono stati tutti arrestati i 28 attivisti ed i 2 reporter della spedizione. 2 mesi di detenzione preventiva. E poi? L’accusa è gravissima: pirateria. Per questa, se fossero condannati, la pena potrebbe arrivare fino a 15 anni di carcere. Una follia per dei ragazzi disarmati, pacifici e con l’unico obiettivo di ricordare al pianeta il rischio che sta correndo. Il resto del mondo, intanto, non rimane in silenzio. Proteste si sono levate alte da ogni parte del globo per chiedere la liberazione degli attivisti e l’Italia non è stata da meno. Non dobbiamo dimenticare che uno dei ragazzi, Cristian D’Alessandro, ha i natali a Napoli ed è anche per questo che sabato scorso, a Piazza Vittorio a Roma, attivisti e volontari di Greenpeace hanno chiesto, sotto una pioggia incessante, la liberazione del loro amico e connazionale. Gli stessi ragazzi sono stati anche ospiti, insieme ad i genitori di Cristian, della trasmissione In 1/2 h andata in onda domenica durante la quale si è discusso anche della necessità che il governo italiano prenda posizione in modo deciso nei confronti della vicenda. A questo proposito è proprio la madre di Cristian ad aver lanciato una petizione per chiedere al presidente Napolitano di adoperarsi perché Cristian e gli altri attivisti vengano liberati.
di Matteo Nardi