Pubblicati il 3 ottobre i dati dell’Agenas sulla qualità delle strutture sanitarie nazionali. Il quadro che ne viene fuori è un Italia a due velocità. La migliore regione in assoluto la Lombardia, la Toscana per qualità dei ricoveri. Maglia nera a 5 regioni del Sud. Il S. Raffaele di Milano il migliore d’Italia, il Federico II di Napoli il peggiore.
di Marco Caffarello
L’Italia è divisa in due! E’ vero se si leggono gli ultimi dati dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari Regionali (Agenas), pubblicati il 3 ottobre 2013 in merito ad un’indagine avviata nel 2012 sull’attività e qualità di 1440 strutture sanitarie sparse sul territorio nazionale.
Dalla studio, giunto alla sua quarta edizione, risulta una mappatura dell’Italia che nella sanità pubblica ha due velocità in sé contrapposte, una di Seria A e l’altra di Serie B, spesso contradditoria all’interno della stessa realtà territoriale.
Da una lettura dei dati statistici le prime 5 regioni dove è preferibile farsi prendere in cura, perchè si è un po’ più sicuri della loro affidabilità e di non incorrere così in spiacevoli inconvenienti, sono tutte del Nord, Lombardia, Toscana, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna, mentre si sconsiglierebbe un ricovero, anche se non è sempre così, nelle cinque peggiori regioni, tutte del Sud, Molise, Lazio, Calabria, Sicilia e Campania, ognuna delle quali commissariata allo stato attuale per conti in rosso. Lo studio, basato su 40 criteri di valutazione che oscillano dal tasso di mortalità post-chirurgica, a quelli per infarto a 30 giorni dal ricovero, da casi di intervento di parto cesareo, agli ictus registrati durante il ricovero, consegna al San Raffaele di Milano, nonostante gli scandali recenti che hanno travolto anche la giunta Formigoni presidente della Regione Lombardia, il primato di miglior ospedale d’Italia. L’ospedale lombardo risulta primo per minor tasso di mortalità post-chirurgica, eccelle negli interventi sull’aneurisma all’aorta e nelle cure oncologiche del tumore allo stomaco e dei polmoni. Lombarda anche la seconda classificata, gli Ospedali Civili di Brescia, salito ultimamente agli onori della cronaca per aver prestato le sue strutture alle sperimentazioni di Vannoni, l’ideologo del metodo Stamina, risultato il migliore nei reparti d’oncologia e di cardiochirurgia. Terzo in questa speciale classifica un ospedale piemontese,il Santi Antonio e Biagio di Alessandria, quarto l’Ospedale A.Manzoni di Lecco e quinta l’Azienda ospedaliera di Perugia, in Umbria. In generale i dati di Agenas dimostrano che la regione Lombardia risulta la realtà territoriale con le migliori strutture sanitarie del paese: 3 delle prime 5 migliori strutture sanitarie del paese sono infatti lombarde, così come 6 delle migliori 10. Se la Lombardia eccelle in quantità, la regione Toscana invece in qualità; si è dimostrata la regione più “ equilibrata” ed “omogenea”, senza particolari differenze tra le strutture sanitarie dei vari capoluoghi e meglio rispondente agli standard di riferimento della valutazione dell’Agenas.
La regione di Dante, del Rinascimento, del Davide di Michelangelo, della torre pendente e del palio si è dimostrata la migliore, infatti, per la qualità dei ricoveri di ben 47 patologie. La struttura sanitaria ad aggiudicarsi invece il primato per la minore incidenza di parti cesarei è friulana, l’Ospedale di Palmanova ad Udine.
A guidare la classifica della maglia nera un ospedale campano, il Federico II di Napoli. In estate l’ospedale partenopeo è tristemente finito sotto i riflettori dei media per la strana chiusura dei reparti di oculistica e chirurgia plastica in seguito alle ferie del personale, e al momento della pubblicazione dei dati la sospensione dei servizi risultava ancora in essere. Queste le dichiarazioni di Luigi Mastantuono, segretario del sindato Cisl dell’ospedale, per la Repubblica:” “Il Federico II pochi anni fa era il fiore all’occhiello della città, ora è ai minimi termini. Ci sono 2500 dipendenti tra personale medico e altro, di cui 140 precari con 14-15 anni di precariato, siamo sotto organico di 800 unità. Eppure sono stati nominati da poco sei capi dipartimento. Siamo ultimi nelle classifiche degli esiti? Non mi stupisce. Ci sono medici e personale che chiedono di andare in altri ospedali. La colpa non è del direttore generale, che si sta impegnando molto, ma dell’università, che non ci tutela come dovrebbe“.In generale è tutta la realtà sanitaria campana a soffrire: secondo i dati 3 delle ultime 5 classificate sono campane, che oltre il Federico II vede ancora la partecipazione di altre 2 strutture della città partenopea, l’Azienda ospedaliera dei Colli P. Monaldi e l’Azienda universitaria policlinico. Le altre strutture a portare la maglia nera in questa classifica nazionale delle 5 peggiori, l’Azienda ospedaliera G. Martino di Messina, risultata penultima, e il S. Filippo Neri di Roma, quartultimo. In particolare la regione campana si è dimostrata in difficoltà in uno specifico indicatore previsto dall’indagine di Agenas, quello relativo ai parti cesarei: 17 delle 20 peggiori strutture nazionali che praticano questo intervento chirurgico, molto spesso abusato per fini economici e di facile guadagno, sono infatti ubicate in Campania.
Ma al Sud esistono anche realtà al top come il Sacro Cuore di Gesù di Lecce, migliore nella classifica nazionale per il minor tasso di mortalità per infarto a 30 giorni dal ricovero, fermo ad un appena 0,82%, o il Civico di Palermo, risultato il migliore d’Italia per tasso di mortalità a 30 giorni dal ricovero per interventi di angioplastica coronarica. Il senso della ricerca, spiega Agenas,”non è il confronto tra le strutture né individuare “buoni” e “cattivi”, ma quello della massima trasparenza possibile, per consentire alle regioni, grazie ai dati, la migliore programmazione.” Negli ultimi anni, grazie alla comparazioni sanitarie, la qualità generale della sanità è infatti cresciuta, come ad esempio la minore richiesta di interventi cesarei che dal 2009 ad oggi sono scesi di oltre il 3%, o la percentuale di “ricadute” dopo la convalescenza. IL lavoro di Agenas è un servizio dovuto al cittadino al quale va garantita la massima trasparenza dei servizi e sopratutto il diritto di esser messo nelle migliori condizioni possibili di scegliere a quale struttura sanitaria affidare la propria cura.
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