Uno studio della Cgia di Mestre riferisce che sono 100 le tasse che ogni anno gli italiani pagano all’erario. Nonostante la frammentarietà dei tributi, il sistema si fonda su 10 principali voci che assicurano allo Stato l’87,5% delle entrate totali. Particolarmente invise alle famiglie l’Irpef, alle imprese l’Irap
di Marco Caffarello
Ne sentiamo parlare ovunque: nei bar come in famiglia, in ufficio come in palestra, nei Tg come nei talk show. Non c’è giorno, infatti, in cui le tasse non rappresentino la sostanziale preoccupazione degli italiani, sempre più frustrati dal non esser in grado di far fronte al loro carico che toglie liquidità alle imprese, così come alle famiglie. Ce ne sono di tutti i tipi, dalle addizionali comunali, al bollo per l’auto, dalle accise, note sopratutto per gravare nel prezzo dei beni di consumo quale ad esempio la “cara” benzina, alle trattenute fiscali, per finire ai tributi veri e propri. Ma ci siamo mai chiesti quante sono? E quale di queste grava maggiormente alle nostre tasche? E’ ciò a cui ha provato a rispondere uno studio della Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre Cgia (Cgia), pubblicato ieri sabato 12 ottobre, che ha contato una lista infinita, un elenco di tasse, imposte, accise e addizionali che complessivamente arrivano a toccare il numero di 100 tributi da versare alle casse delle istituzioni, sia esse Comuni, Regioni o Stato centrale.
Come è noto l’Italia certamente non può essere ritenuto un paese “amico” delle imprese, sulle quali la scure del fisco non risparmia la propria inflessibilità, ma dallo studio emerge con chiarezza che anche le famiglie soffrono notevolmente la pressione fiscale, fenomeno che in quanto non può non avere inevitabili conseguenze nella riduzione dei consumi, e dunque nella complessiva riduzione della ricchezza della nazione. E’ solo di pochi giorno fa la notizia, pubblicata dall’Istat, secondo la quale nel secondo trimestre del 2013 la pressione fiscale è cresciuta rispetto allo stesso periodo del 2012 del 43,8%, un vero salasso. I dati, tra l’altro, non hanno tenuto conto neppure del recente aumento dell’IVA, passata dal 21 al 22%, aumento che equivale ad un entrata di 4,2 miliardi per lo Stato, nè dell’introduzione della Tares, né del probabile (sebbene la questione allo stato attuale non sembri voler arrivare ancora ad una soluzione definitiva) versamento della seconda rata dell’IMU.
A guardar bene, tuttavia, si scopre che il numero delle imposte da versare allo Stato non è poi così cambiato rispetto magari a 25 anni fa: uno studio della Cgia del 1986 , infatti, già quantificava in 100 le imposte da versare allo Stato. Ad essere cambiata in questo tempo, riferiscono i dati, è stata sopratutto la pressione fiscale, schizzata dal 21,3% del 1986 al 30,3% del 2013, una differenza che equivale ad un’entrata per lo Stato di oltre 140 miliardi di euro.
Nonostante il sistema tributario sia molto frammentato, e coinvolga una carrellata di voci anche curiose, come la tassa regionale sulle”emissioni sonore degli aeroplani”o “l’imposta sugli spiriti”, in realtà il sistema fiscale si concentra su 10 grandi tasse che assicurano all’erario 413,3 miliardi euro all’anno, per un’incidenza complessiva pari al 87,5% delle entrate tributarie.
Due sono le imposte particolarmente impegnative per le famiglie secondo i dati della Cgia: L’Irpef ( imposta sui redditi delle persone fisiche ), che assicura alla casse un gettito complessivo di 164 miliardi di euro all’anno, e l’IVA che invece incide per 93 miliardi. Le due imposte equivalgono al 54% delle entrate tributarie che ogni anno entrano nelle casse delle istituzioni.
I bilanci delle imprese, invece, sono messi a dura prova, oltre che dall’attuale crisi economica che ha ridotto tanto i crediti delle banche quanto i consumi della popolazione, da una tassa particolarmente invisa agli imprenditori,l’Irap (Imposta regionale sulle attività produttive) considerata dalla categoria come una vera e propria piaga dal sapore di un paradosso, sopratutto in una condizione di crisi come quella attuale, che costringe l’imprenditore a fare i conti, oltre che con la già menzionata riduzione dei consumi, con i tributi per quelle attività produttive e quelle merci che sono rimaste tuttavia invendute, realtà che può generare una spirale negativa tale da condurre anche al fallimento dell’impresa. Solo a Roma, infatti, le chiusure delle imprese commerciali nei primi otto mesi del 2013 sono state più di 1500, con una perdita di oltre 4000 posti lavoro.
Complessivamente l’Irap, riferiscono i dati della Cgia, garantisce un’entrata per lo Stato di 33,2 miliardi annui. A questa le imprese devono aggiungere anche l’Ires (Imposta sul reddito delle società), un’imposta che assicura all’erario l’equivalente di 32,9 miliardi all’anno.
In base alla pressione fiscale attuale, ed operando una media pro-capite dei versamenti, si stima che ogni italiano ha un “debito” annuo nei confronti dell’erario di ben 11800 euro da versare in tributi, tasse ed imposte. Così, infatti, parla Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia: “Quest’anno ciascun italiano paghera’ mediamente 11.800 euro di imposte, tasse e contributi previdenziali. E in questo conto sono compresi tutti i cittadini, anche i bambini e gli ultra centenari. Tuttavia, il dato disarmante e’ che gli italiani non usufruiscono di servizi adeguati.”
Per il futuro non c’è da stare molto sereni: secondo lo studio nel 2014 l’aumento della pressione fiscale dovrebbe toccare i 9,4 miliardi di euro, di cui 7,2 a carico delle famiglie, equivalente ad una spesa pro-capite di 280 euro a persona.
http://www.cgiamestre.com/2013/10/le-cento-tasse-degli-italiani/