Diffuso dal legale dell’ex ufficiale il video testamento. Riaperta la ferita della tragedia del 2a marzo del 43′. Secondo la testimonianza di Priebke la rappresaglia fu voluta dai partigiani. All’interno del messaggio rinnovate le posizioni negazioniste, confutate tuttavia dall’evidenza dei fatti storici
di Marco Caffarello
Diffuso ieri dall’avvocato Paolo Giachini il video testamento di Priebke, ( video testamento ) preparato dallo stesso ex ufficiale qualche tempo prima del suo decesso. Parole quelle di Priebke che riaprono la ferita della comunità romana segnata dalla tragedia delle Fosse Ardeatine del 24 marzo del 1943, giorno nel quale furono uccise per opera dei nazisti 335 innocenti. Le parole dell’ex ufficiale, che partecipò attivamente all’eccidio di cui fu pianificatore ed esecutore, non consolano il dolore di quanti persero in quella tragedia i propri cari, sebbene lo stesso ammette nelle memorie rilasciateci il terrore che egli stesso provò nell’eseguire ciò che gli era stato imposto. In particolare nel video Priebke ritorna alle cause che provocarono la dura risposta delle forze d’occupazione tedesche, riferendosi all’attento di via Rosella del 23 marzo nel quale persero la vita 33 soldati tedeschi, voluto intenzionalmente, a suo dire, dalle stesse forze partigiane che, sebbene sapessero quale sarebbe stata la reazione tedesca, speravano in tal modo di provocare la sommossa della popolazione. Cosa che non avvenne. Così, infatti, dichiara l’ex ufficiale: “I ‘Gap’ comunisti italiani in via Rasella hanno fatto un attentato contro una compagnia della polizia tedesca, tutti uomini dell’Alto Adige, quindi cittadini italiani, e questo fu fatto sapendo che dopo l’attentato viene la rappresaglia, perché Kesselring, quando ha preso il suo comando qui in Italia, ha messo su tutte le mura un avviso che qualunque attentato contro i tedeschi sarebbe stato punito con una rappresaglia”. Lo stesso, in seguito, ammetterà la tragedia a cui egli stesso partecipò ma alla quale non ha potuto sottrarsi per non incappare nello stesso destino dei 335 innocenti; rifiutarsi significava, infatti, morire. “eIl capitano Shultz fu eletto da Kappler come organizzatore della rappresaglia, lui era già stato in guerra nel fronte contro i russi ed era più abituato alla morte e alle rappresaglie. Per noi, per me e gli altri, era una cosa terribil“. E poi prosegue: “Naturalmente non era possibile rifiutarsi. Shultz ha detto a tutti: ‘è un ordine di Hitler chi non vuol farlo è meglio che si metta dalla parte delle vittime e sarà anche lui fucilato.” Fanno male, tuttavia, le posizioni negazioniste che lo stesso ex ufficiale assume nel video, parole tuttavia smentite dalla stessa storia: ““Nei campi le camere a gas non si sono mai trovate, salvo quella costruita a guerra finita dagli americani a Dachau”
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