Inserimmo la chiave nella toppa ferruginosa con cautela, senza fare rumore e ci addentrammo sulle punte facendo attenzione a non inciampare in quei mobili datati. Fuori, la bruma fitta e debosciante induceva ad un assoluto lassismo mentre, dentro casa, l’odore di chiuso era nauseabondo. Muovemmo i primi passi nel buio più assoluto, senza l’ausilio del led, a luce fredda, del cellulare. Poi, dopo tanto tentennare sui tasti -anche e soprattutto a causa del mio impedimento verso la tecnologia-, fu la luce. Dapprima la orientai sul pavimento, poi la necessità di capire dove fossimo mi spinse a puntarla in avanti, ma l’angolazione e l’intensità limitata ne tracciò un viso deforme e bitorzoluto che mi fissava con un ghigno tetro. La paura, dapprincipio mi pietrificò poi, di colpo, il cuore ritornò a pulsare con fuga precipitosa. La pressione balzò, incurante del dolore che poteva procurare e il gelo pervase le gambe. Angela emise un urlo labile ma disumano, mentre si stringeva a me, lasciandomi i lividi al braccio. Quando il peggio stava per venire, realizzai che la figura di fronte era quella della proprietaria del b&b dove stavamo soggiornando. I nostri lineamenti tesi fino allo spasmo e le palpebre spalancate fin quasi a voler espellere gli occhi dalle orbite, le significarono fino a che punto ci eravamo spaurite. Ci sorrise quasi a voler chiedere scusa e pose la sua mano sulla mia spalla per rasserenarmi. Quella donna era vecchia dentro, gli anni erano solo un aggravante ben rimarcato. Tutto in lei ricordava i tempi passati, come quei capelli ramati, ultimo strascico di vetusta vanità, o le sue vesti trasandate e usurate nei punti più delicati. Passava la vita distesa sul divano, con la tv accesa -ma con il volume al minimo- solo per percepire un senso di movimento, in quella enorme casa, in parte arredata con una mobilia in legno chiaro, economica e minimalista, per necessità di conferire un’immagine di freschezza a quanti alloggiavano nel b&b. In pratica un pugno in un occhio, rispetto all’arredo originario, scarno e minimalista per necessità, nell’enorme abitazione che si sviluppava su una metratura esagerata, come le classiche abitazioni di un tempo qui, nel Salento, dove le case a volta sono la norma.
Tornò ad accomodarsi sul divano consunto, dove i rattoppi parevano parte integrante dello stesso, e iniziò a raccontare:-
la mia attesa iniziò quindici anni fa, quando mio marito uscì baciandomi le labbra. Aveva una polo chiara e il sorriso di sempre. Torno più tardi, mi disse. Io, distesa sul divano, lo amai con lo sguardo.
Da allora -continuò- l’ho atteso diuturnamente, senza mai un calo nell’entusiasmo. Ogni volta che si apre quella porta, potrebbe essere quella buona.
di Paolo Congedo
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