La sicurezza del palazzo della Corte d’Appello e i commercianti di Piazzale Clodio dichiarano che alcuna manifestazione ha disturbato la quiete del quartiere. Il sit-in annunciato ieri non c’è stato. Una parte dei manifestanti di Porta Pia avrebbe dovuto raggiungere la Procura della Repubblica di Roma per esprimere solidarietà ai 6 arrestati durante il corteo, processati per direttissima.
«Siamo stati fermati e a Piazzale Clodio non ci siamo arrivati» dice Federico, un giovane senzatetto disoccupato. Quando gli si chiede se è in cerca di lavoro, risponde: «Prima di tutto cerco casa». Non fa parte di alcun movimento, come tanti altri ragazzi lì presenti che hanno trascorso la notte in tenda davanti Porta Pia e che forse vi trascorreranno anche la prossima.
Non è il caso di Christian, che invece milita da tempo in Action, realtà che opera in difesa del diritto dell’abitare e non solo. Il suo movimento è responsabile dell’occupazione della casa di Caltagirone a Ponte di Nona, «costruzione invendibile, perché inagibile», a detta sua. Sono sei mesi che Christian alloggia lì, come tanti altri ragazzi, adulti e bambini senza tetto. Del sit-in a Piazzale Clodio non sa nulla perché giunge solo in quel momento, dopo aver fatto il picchetto a “casa sua”, presidiata a turno dagli occupanti 24 ore su 24. Circa le speranze concrete legate a questa manifestazione, dice di affidare le sue ai delegati che Action vanta ai consigli municipali: «Abbiamo vari delegati nostri, “Tarzan” ( Andrea Alzetta) e Paolo di Vita che parleranno per avere delle risposte concrete, non vogliamo chiacchiere».
A volte, mano a mano che aumentano i passi si perdono i motivi dei cortei. Infatti non sono rari quelli che rimangono senza un’eco reale nel Palazzo e nel Paese. Questa volta, però, i manifestanti sembrano avere chiari i propri obiettivi: non si protesta per entità astratte. Varie ribellioni si sono accese e spente immediatamente per dei mostri dai contorni non definiti. Qui c’è qualcosa di concreto e vicino in ballo. Quando vengono a mancare casa e diritti fondamentali, il fuoco pare essere meno fatuo. Sono determinati i ragazzi di Porta Pia. E questa determinazione, fino ad oggi, è stata epidemica: Chiara, studentessa di sociologia alla Sapienza, una casa ce l’ha, ma sposa i motivi della protesta perché «i tagli, inutile a dirsi,colpiscono anche il settore istruzione incidendo a livello di servizi prima, e di didattica poi». Chiara conclude appellandosi al «risveglio di una coscienza collettiva, che non dev’essere soltanto di chi ha un bisogno impellente, oggi».
«Studio per conto mio, perché, dare gli esami… non posso permettermelo»: questo è Francesco, lavoratore nel centro stampa del padre, senza contratto. Circa il futuro prossimo, dice di contare sulle giornate del 9 e del 10 novembre «magari con maggiore partecipazione. Perché nonostante le mistificazioni e le notizie false che sono girate, tante persone, incuriosite, si sono unite ed hanno capito che la protesta non è un luogo di sangue ma un’occasione per identificare le esigenze del paese». Per il 9 e il 10 i manifestanti hanno infatti annunciato un’assemblea collettiva dei movimenti che hanno partecipato alla protesta. Circa il rapporto con le fronde violente, Francesco si dice tra quelli che hanno contribuito all’allontanamento dei «teppisti», così li definisce lui. I suoi amici assicurano di essere assolutamente dello stesso avviso.
Domani ci sarà l’incontro con il ministro delle infrastrutture Lupi e con il sindaco Marino. Non c’è rassegnazione nelle parole dei ragazzi, tutt’altro. Sono ottimisti, non vedono come un miraggio la possibilità di ascolto da parte dei politici: «Oh, la speranza è l’ultima a morire!», ricorda Christian di Action.