Sono passati dieci anni dall’ultimo lavoro inedito di Claudio Baglioni, da quel: “Sono io, l’uomo della storia accanto” risalente al 2003.
Con questo disco si spinge Oltre, per parafrasare un suo famoso album datato 1990, che lo aveva visto terminare le lavorazioni in studio e poi fuggire a nascondersi per più di tre mesi da tutto e tutti perché, per sua stessa ammissione, «Quando finì l’album Oltre ne fui divorato. Mi succhiò l’anima, scelsi di scappare. Mi ripresentai solo perché braccato dai collaboratori della casa discografica per sottopormi agli obblighi promozionali».
Ironia della sorte, anche stavolta dopo tanti anni, non è andata molto diversamente; senza alcun timore di rivelare il delicato momento che sta attraversando, ha confessato pubblicamente: «Tre settimane fa sono caduto vittima della depressione ed ora sono qua solo perché me lo chiede la Sony ed è imposto dal mio contratto».
Non nasconde però allo stesso tempo l’orgoglio nel presentare questo nuovo lavoro pubblicato in modo abbastanza inusuale, come se le dodici canzoni – che contando anche un’introduzione, un intermezzo e un finale, finiscono per diventare quindici – fossero tutte dei singoli, messi in rete, a partire dal 18 maggio, a due settimane di distanza l’uno dall’altro, finendo così per creare nell’ascoltatore una sorta di attesa sempre crescente e, al contempo, misurarsi in una continua sfida con se stessi, volta a soddisfare le aspettative di chi si immagina, in un crescendo emotivo, che il successivo sia sempre meglio del precedente.
Suggestiva la scelta della presentazione del nuovo disco che è avvenuta nella stessa sala dell’hotel Hilton di Roma che lo aveva visto 44 anni fa presentare l’uscita del suo primo singolo “Signora Lia” che, tra l’altro, è stato l’unico intermezzo musicale, tra le tante parole, riproposto chitarra alla mano.
Il tutto diventa ancor più inusuale se si pensa che: «Otto mesi fa avevo deciso di smettere, credevo che non avrei scritto più; con la rivisitazione e reincisione del mio primo album, per il progetto “Questo Piccolo Grande Amore“, ho pensato davvero di aver chiuso il cerchio, di aver concluso un percorso. Invece avevo tanto materiale, tanti appunti scritti che non potevano restare lì».
Così ha iniziato a lavorare senza quasi accorgersene: testi scritti di getto, in un giorno e mezzo, e registrati subito, al più presto; non voleva che scappassero da lui o, forse, che fosse lui a scappare ancora.
«Il risultato è il cd che avete tra le mani. Noi vorremmo essere infiniti, quello che finisce ci fa stare male. Ma è il mio mestiere e so che questo è già un altro inizio: stanco, svuotato, ma altrettanto fiero. Avevamo deciso di fare dieci concerti in dieci giorni solo per provare l’impatto dal vivo, ma poi, inaspettato, ho avuto un crollo».
Minimalista la scelta iniziale delle sonorità, successivamente messe in ordine e integrate con nuove parti strumentali, registrate con una formazione di musicisti essenziali, sostanzialmente i fedelissimi: il chitarrista Paolo Gianolio con Gavin Harrison o Elio Rivagli alla batteria, con l’aggiunta, in un paio di brani, di un gruppo di coristi; formazione che verrà chiaramente arricchita da altri musicisti in occasione del tour live del quale, nei giorni scorsi, l’artista ha dovuto rinviare l’inizio (che sarebbe dovuto essere il 10 ottobre a Torino) perché rimasto completamente afono a causa di una laringofaringite. Al momento la prima data confermata è quella del 1 marzo 2014 a Pescara.
A unire i brani c’è un filo conduttore, c’è un percorso che si coglie nell’ascolto, tra tutti spiccano “ConVoi” che è la title track e “Gli anni della giovinezza” in cui cita Lorenzo de’ Medici («Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia…»). Un sapore latino si avverte in “Come un eterno addio” e con “Una storia vera“, unico brano inedito tra gli inediti a non essere ancora stato anticipato su Itunes, si sente un’assonanza con il primo Baglioni, forse tra le cose migliori dell’intero progetto.
Un Baglioni controverso, soprattutto negli stati d’animo, quello che ci appare in quest’occasione: provato ma entusiasta di questa nuova avventura, più concreto e forse anche un po’ più disilluso: «Ho smesso di essere quello che guardava oltre. Ora non lo so, non ci arrivo neanche a pensarlo un futuro».
Ma con il titolo di questo nuovo album “ConVoi“, sembra voler rinnovare quel patto stretto più di 40 anni fa, di appartenenza, comunanza e vicinanza col suo pubblico che, anche in quest’occasione, non mancherà di fargli sentire tutto il calore e “tutto l’amore che può”.
ALEX PIERRO