In scena una pièce sui nostri drammi sentimentali. Parafrasando il “molto rumore per nulla” shakespeariano che il gergo comune ha trasformato in un vero e proprio modo di dire per indicare qualcosa di eccessivo rispetto ad un fatto trascurabile, il regista Franco Venturini affronta il tema della coppia. Ne fa una vera e propria analisi psicologica sull’amore, il matrimonio, il tradimento, il ménage à trois, gli uomini e le donne.
Non a caso sceglie come protagonista maschile un politico un po’ attempato, ma ancora molto arzillo che si diverte ad alternare nella sua vita, due donne diverse, ma indispensabili: moglie e amante, Maria e Ambra. Quest’opera teatrale nasce già dal 1977, quindi è importante precisare che ogni riferimento a fatti e persone realmente esistenti è del tutto casuale, anche se noi spettatori siamo liberi di leggervi le allusioni che più ci divertono. Anche perché il regista fa dell’uomo in questione, un vero e proprio essere senza spina dorsale, inutile alla società e alle relazioni umane. E le due donne ne sentono il bisogno semplicemente per quelle motivazioni che esulano da esigenze affettive:
Ambra pretende di averlo con sé per usare i suoi soldi e soprattutto per non sentirsi esser vinta da un’altra donna; Maria invece non vuole venire meno al patto di unione eterna espresso durante la promessa di matrimonio. Lui, Sirio, l’uomo conteso, si fa aiutare da un avvocato divorzista, che non fa altro che complicargli le cose e confondergli le idee.
Ma in fondo il problema di fondo è che solo le donne sanno perfettamente ciò che vogliono, gli uomini vivono in balìa degli eventi, di conseguenza non sanno fare quelle scelte che potrebbero finalmente farli evolvere come sesso e come specie. La rappresentazione di queste rappresaglie d’amor, è molto leggera, lo spettacolo seppur duri un paio d’ore scivola liscio come l’olio; l’approccio con il tema, coinvolgendoci direttamente in prima persona o rivendendovi le vicende di un nostro caro amico, concorre a tener vivo interesse e attenzione dall’inizio alla fine.
di Annalisa Liberatori