Italo Calvino scriveva: ”Un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire”… Vedere oggi nel 2013 il Tartufo di Moliere genera lo stesso pensiero. Della grande attualità di questo testo hanno già detto i più eruditi esperti della materia e quindi a noi, pena l’essere considerati terribilmente noiosi e pedissequi, non rimane che parlare della bella messa in scena dell’opera da parte di Nicasio Anzelmo e della Compagnia del Teatro del Sogno. L’evento proseguirà fino all’ 8 Dicembre nella cornice dello storico Teatro Arcobaleno di Roma che, dalla sua nascita, ha conosciuto le performance di amatissimi attori italiani, da Totò a Eduardo, da Alberto Sordi a Macario… Le foto degli spettacoli e degli artisti si snodano lungo il perimetro della sala formando un delizioso piccolo museo dei ricordi. E delizioso è anche lo spettacolo. Le icone scenografiche corrono simbolicamente attraverso la storia, dagli etruschi al barocco, fino ai nostri tristi giorni, decadenti al punto che non si riesce a parlare d’altro che di “decadenze”, ricordandoci che il segno dell’ipocrisia ha sempre fatto parte in ogni epoca del cammino dell’uomo partecipando con le sue storture e nefandezze e sapendosi insediare alla perfezione nei riti e nei costumi religiosi trasformandoli astutamente nella sola apparenza con il solo scopo di trarne potere e profitto. In questo lavoro, rigoroso e brillante, pieno di vitalità e di fluida e lungimirante azione teatrale, riconosciamo l’essenza di un grandissimo autore: rarità. Il testo non è affatto distrutto ma esaltato dalle trovate registiche e dalle qualità interpretative in un melange di sentimenti che, rappresentati a tratti, frammentati dal ritmo della musica e dalla mimica dei personaggi si ripetono più volte come nel timore della potenza che trascinano in sé e delle conseguenze alle quali condurranno se liberati. Davvero bravi gli attori, (Victor Carlo Vitale, Sergio Smorfa, Alessandra Fallucchi, Monica Guazzini, Giovanni Carta e una straordinaria Gioietta Gentile) sempre giusti e naturali rendono al meglio un’opera immortale. Una menzione particolare per i bei costumi di Rita Forzano. Il tartufo è in ognuno di noi, si nasconde nei meandri della mente pronto ad impossessarsi del nostro “io” nei momenti di debolezza o a tradimento, quando meno ce lo aspettiamo. E se riesce ad avere la meglio ci rende ciechi, alla stregua di Orgone. Forse è banale citare questo detto ma non è quindi sempre l’ amore ad essere cieco? L’amore di Orgone per Tartufo e le sue false virtù lo rende cieco al punto da fargli dimenticare ciò che ha di più caro al mondo e l’amore dei suoi cari, che non si estingue nemmeno dopo gli oltraggi subiti, lo guarisce e gli ridona la vista. Manca un punto di riferimento ma l’equilibrio è sempre presente nel buon senso delle persone “normali”, semplici come Dorina e Cleante. L’unico che sembra gestire bene la situazione, in modo lucido e calcolato è solo Tartufo. Ma anche lui dovrà cadere vittima del suo amore che lo trarrà in inganno e darà inizio alla sua fine.
Fine? No, naturalmente, perché come ci ricorda Anzelmo nel finale, i fatti narrati si ripeteranno.
Ma coloro che si appoggiano e si rifanno ai miti della religione, quelli che vorrebbero bandire i divertimenti e tante altre cose in nome dell’ordine morale e psicologico, sono riusciti nel ‘600 (secolo di inquisizioni e persecuzioni) nell’intento di far cambiare il vero finale diquesta storia, che vedeva la vittoria di Tartufo e non della Giustizia. E tant’è.
8 novembre – 8 dicembre 2013
(venerdì, sabato ore 21; domenica ore 17.30)
TARTUFO *
di Molière
regia di Nicasio Anzelmo
con Victor Carlo Vitale, Sergio Smorfa, Alessandra Fallucchi,
Monica Guazzini, Giovanni Carta e con Gioietta Gentile
Angelo Sorino