E sì, vale proprio la pena di visitare Ronciglione, nei pressi del celebre lago di Vico, in provincia di Viterbo e assistere al suo simpatico carnevale storico, le cui origini risalgono al carnevale romano rinascimentale e barocco dei tempi di Papa Paolo III Farnese che nel 1465 festeggiò l’investitura del figlio a duca del borgo.
Anche se non sembrerebbe, il carnevale è una festa che si celebra nei paesi di tradizione cattolica. La parola, infatti, deriva dal latino “ carnem levare” cioè eliminare la carne perché anticamente indicava il banchetto che si teneva il martedì grasso, ultimo giorno di carnevale, immediatamente prima della quaresima, lungo periodo di digiuno e astinenza dalla carne.
Il carnevale di Ronciglione è dunque tra i più antichi e famosi d’Italia e rappresenta per la cittadina laziale l’evento più atteso e importante dell’anno: cinque giorni in cui di smette qualsiasi attività, dal lavoro e dalla scuola per dedicarsi giorno e notte ai festeggiamenti che iniziano il giovedì grasso.
In questa giornata il campanone inizia a suonare a distesa e gli Ussari sfilano in parata segnando l’avvio ufficiale della festa.
La leggenda risale al periodo napoleonico e narra infatti che un capitano degli ussari francesi, di stanza a Ronciglione in difesa dello Stato Pontificio, innamoratosi di una bella ragazza del posto, per pavoneggiarsi davanti ai suoi occhi sfilò più volte alla testa dei suoi dragoni, dando così origine alla tradizione che rievoca il periodo del dominio francese.
Il giorno dopo il Re Carnevale, scortato dai cavalieri in costume, s’insedia nella città prendendo in consegna dal sindaco le chiavi, per assicurare a tutti cinque giorni di baldorie e di follia.
Hanno quindi inizio le “corse dei berberi”, con cavalli non sellati, senza fantino, lanciati al galoppo per le vie cittadine, come quelle, oggi scomparse, che in passato si svolgevano a Roma lungo via del Corso e a Siena lungo via di Città.
La città è divisa in 9 scuderie (contrade) con colori e drappi diversi, che si contendono il “Palio della Manna” nella finalissima del martedì grasso.
La domenica sfilano per la città i carri allegorici preparati dai bravissimi artigiani ronciglionesi, accompagnati da maschere e bande cittadine. La sera, con la collaborazione del complesso bandistico locale, nella piazza principale prende vita un grandioso saltarello cui partecipano tutti i presenti, in maschera o meno.
Il lunedì cibo e vino sono offerti ai cittadini e ai visitatori dalle diverse confraternite. La più importante è quella dei Nasi Rossi, buontemponi fedeli seguaci di Bacco, una maschera che dà vita al rituale detto “la pitalata”. Vestiti con un camicione bianco, i Nasi Rossi si radunano sulla piazza, cantano un inno al vino, rincorrono gli spettatori, salgono con scale sui balconi ed entrano nelle case per offrire sadicamente i maccheroni che tengono caldi in un vaso da notte. Un personaggio simile lo troviamo nel carnevale parigino.
Il martedì è il giorno di chiusura del carnevale, con la finalissima delle “corse a vuoto” e la premiazione della scuderia vincitrice che riceve nella sala del consiglio comunale il “palio”, simbolo della vittoria e del potere conquistato.
La “Compagnia della Penitenza” i cui appartenenti sfilano incappucciati e rappresentano i guardiani della moralità, cattura quindi il Re Carnevale che viene cacciato dalla città legato ad un pallone aerostatico dal cui volo si traggono gli auspici per la stagione agricola.
Daniela Gabriele